L’importanza dei guanti antinfortunistica

Le mani umane sono un’eccezionale opera di ingegneria. Costituiti da complesse interazioni tra ossa, muscoli e legamenti, sono i nostri strumenti più importanti per interagire con il mondo che ci circonda. Le nostre mani sono in uso costante, coinvolte in quasi tutte le attività che svolgiamo quotidianamente, spesso senza nemmeno pensarci, rendendo le nostre mani molto vulnerabili alle lesioni.

Anche lesioni lievi alle nostre mani possono avere un impatto sproporzionato rispetto a lesioni lievi a un’altra parte del nostro corpo, perché le nostre mani sono sempre in uso. Considera un semplice taglio all’indice rispetto a un taglio al braccio. Entrambi faranno male, con un taglio al braccio, lo benderai e probabilmente te ne dimenticherai. Un taglio al dito, tuttavia, causerà frequenti disagi mentre svolgi i tuoi compiti. Lavarsi le mani, scrivere un’e-mail, preparare un pasto, tutte cose basilari che fai ogni giorno, ma ti verrà costantemente ricordato l’infortunio a causa di dolore, disagio o mobilità ridotta a causa della ferita.

Data l’importanza delle nostre mani nella nostra vita quotidiana, è importante che facciamo tutto il possibile per proteggerle dagli infortuni, soprattutto sul posto di lavoro ad esempio attraverso l’uso dei guanti antinfortunistica che devono essere previsti nei Piani Generali di Sicurezza (PSG).

Cause degli infortuni alle mani: mancanza di guanti e protezioni

Secondo i dati diffusi, oltre il 42% di tutti gli infortuni sul lavoro non mortali agli arti superiori nel 2017 che hanno coinvolto giorni di assenza dal lavoro ha coinvolto le mani, con le industrie offshore di petrolio e gas, costruzioni, miniere, manifatturiere, magazzinaggio e trasporti ai primissimi posti di questa classifica. Vari studi confermano come le dita delle mani e i pollici siano tra i punti più frequenti di lesioni.

Anche i costi delle lesioni sono elevati, non solo per il costo delle cure mediche, ma anche per la perdita di produttività durante il processo di guarigione o, in caso di lesioni gravi, riduzione permanente della produttività a causa di danni irreversibili o perdita permanente dell’arto.

L’ironia della sorte vuole che la gran parte delle lesioni a mani e arti avrebbe potuto essere prevenuto con l’uso di dispositivi di protezione individuale appropriati, in particolare guanti di sicurezza antinfortunistica. Secondo i dati, il 70% dei lavoratori non indossa protezioni per le mani, mentre il 30% di quelli che lo fanno non indossa il tipo di guanto giusto per il compito.

L’importanza dei guanti e della loro scelta

È importante per i responsabili garantire che l’uso dei guanti durante il lavoro non sia solo una regola comunemente seguita, ma diventi anche parte integrante della cultura del lavoro e della sicurezza dell’organizzazione e tutto ciò può succedere grazie alla formazione specializzata sulla sicurezza sul lavoro. 

Secondo i dati ufficiali, se una valutazione dei rischi sul posto di lavoro rivela che i dipendenti devono affrontare potenziali lesioni alle mani e alle braccia che non possono essere eliminate attraverso i controlli tecnici e delle pratiche di lavoro, i datori di lavoro devono garantire che i dipendenti indossino una protezione adeguata. I dispositivi di protezione includono guanti, protezioni per le dita e coperture per le braccia o guanti lunghi fino al gomito del materiale e della fattura necessari.

I responsabili dovrebbero condurre ricerche e test approfonditi per scegliere i guanti corretti per il rischio identificato corretto e garantire che i dipendenti siano formati per usarli correttamente e sappiano come rilevare e segnalare eventuali guasti. Il rapporto di fiducia tra responsabili e dipendenti deve essere diretto e senza intermediari, di modo che non ci siano problemi di comunicazione o mancate segnalazioni per problemi di sorta.

Ci sono molti tipi di guanti protettivi oggi disponibili per la protezione contro un’ampia varietà di pericoli. La natura del pericolo e l’operazione coinvolta influenzeranno la scelta dei guanti. La varietà di potenziali infortuni alle mani sul lavoro rende difficile la scelta del giusto paio di guanti. È essenziale che i dipendenti utilizzino guanti progettati specificamente per i rischi e le attività presenti sul posto di lavoro, poiché i guanti progettati per una funzione potrebbero non proteggere da una funzione diversa anche se potrebbero sembrare un dispositivo di protezione appropriato ecco perchè rivolgersi ad uno specialista della sicurezza sul lavoro è sempre la scelte migliore.

I guanti protettivi devono essere ispezionati prima di ogni utilizzo per assicurarsi che non siano strappati, forati o resi inefficaci in alcun modo. Guanti scoloriti o rigidi possono anche indicare carenze causate da un uso eccessivo o degradazione dovuta all’esposizione a sostanze chimiche. Eventuali guanti con capacità di protezione ridotta devono essere eliminati e sostituiti. Il riutilizzo di guanti resistenti alle sostanze chimiche deve essere valutato attentamente, tenendo in considerazione le qualità di assorbimento dei guanti. La decisione di riutilizzare i guanti esposti a sostanze chimiche dovrebbe prendere in considerazione la tossicità delle sostanze chimiche coinvolte e fattori quali la durata dell’esposizione, la conservazione e la temperatura.

I guanti dovrebbero proteggere i lavoratori da abrasioni e tagli causati da oggetti appuntiti, e in grado di assorbire energia e fornire alti livelli di resistenza agli urti per proteggere tutte le parti delicate della mano. I guanti devono avere una presa che dia ai lavoratori il controllo e la sicurezza durante la manipolazione di attrezzature e materiali pericolosi.

Buone abitudini per iniziare a lavorare in sicurezza

La salute e la sicurezza sul lavoro sono importanti per ogni organizzazione, non importa quanto grande o piccola che sia. I datori di lavoro hanno l’obbligo legale e morale di proteggere i propri dipendenti. Tuttavia la sicurezza sul posto di lavoro è un impegno per tutti noi.

Questi sono dieci dei suggerimenti più importanti che possono aiutarti a creare un ambiente di lavoro sicuro. Questi dovrebbero essere comunicati regolarmente ai tuoi dipendenti, ad esempio tramite notifiche, per creare una cultura della sicurezza in grado di farti evitare a monte tantissimi problemi e complicanze.

Ricordati inoltre che affidarti ai professionisti delle valutazioni rischi, può aiutarti a valutare insieme a personale preparato in valutazione di rischi Torino dove intervenire nella tua realtà aziendale. Questo non solo ti farà vivere più serenamente l’ambiente lavorativo, senza il costante pensiero che qualcuno possa fare male, ma inoltre ti consente in ottica futura di risparmiare tanti soldi.

Il costo infatti di un incedente sul luogo di lavoro è senza dubbio elevatissimo, non solo in termini di spese legali e amministrative, ma anche dal punto di vista pubblicitario. Qualsiasi azienda che subisca un grave incidente sul lavoro finisce presto per perdere qualsiasi cliente.

I primi cinque consigli

Grazie a personale specializzato sulla sicurezza sul lavoro, iniziamo dunque ad analizzare delle pillole di sicurezza che ci consentano davvero con pochi accorgimenti di creare un ambiente lavorativo più sano e sereno. Ovviamente questo non esclude che rivolgersi a un professionista del mestiere ci aiuterà molto di più di qualsiasi piccolo consiglio leggerete qui.

1 Il primo passo indispensabile è sempre quello di comprendere i rischi che ci circondano. Ogni ambiente di lavoro è diverso e questi variano da industria a industria e da luogo a luogo di lavoro. È fondamentale che i dipendenti comprendano i rischi propri che derivano da un particolare lavoro in modo che possano adottare le misure adeguate necessarie per evitare lesioni. In particolare se si lavora con apparecchiature pericolose o in un ambiente pericoloso, dobbiamo sapere che le precauzioni non sono mai troppe e uno specialista nel settore sanitario infatti forniamo corsi di formazione per la sicurezza aziendale Torino.

Dunque noi e i nostri dipendenti non dovranno mai essere eccessivamente spensierati, ma tenere sempre ogni aspetto sotto controllo.

2 Stai sempre attento. Ciò si basa sul punto precedente della comprensione dei rischi, ma richiede ai dipendenti di essere sempre consapevoli di ciò che sta accadendo intorno a loro e di cercare costantemente i pericoli.

Questo ovviamente non significa che i nostri dipendenti debbano arrivare esauriti dal perenne stress, ma devono sempre tenere un occhio aperto e mai sottovalutare le situazioni e le circostanze.

3. Sapere dove si trova il kit di pronto soccorso. Se qualcuno richiede il kit di primo soccorso, i tuoi dipendenti sanno come accedervi sul posto di lavoro? Assicurati che il tuo personale sappia dove si trova il kit di pronto soccorso e, se hai un addetto al pronto soccorso designato, assicurati che si sappia chi è quella persona in modo che possa ricevere assistenza in caso di necessità.

A seconda poi della grandezza della tua azienda e del numero del personale, valuta di inserire più kit di pronto soccorso e più persone designate. Valuta anche momenti di informazione sulle principali manovre di primo soccorso di modo che il tuo personale sia pronto a eventuali emergenze.

4. Fare pause regolari. Molti infortuni sul lavoro si verificano a causa della stanchezza o dell’esaurimento di un dipendente. Prendendo pause regolari, i dipendenti possono rimanere freschi sul lavoro.

Non fare mai l’errore di credere che una pausa sia tempo perso. Vero, se troppo frequenti lo sono, ma se accuratamente pensate e progettate, sono in realtà solo un plus di energia.

5. Usare sempre l’attrezzatura in modo corretto. Quando macchine e strumenti vengono utilizzati sul posto di lavoro, i dipendenti devono sempre prendere le dovute precauzioni, non prendere mai scorciatoie e non utilizzare mai l’attrezzatura per scopi diversi da quelli previsti. In questo modo si riduce notevolmente il rischio di infortuni sul lavoro.

Altri cinque consigli per te

6. Prestare attenzione alla segnaletica. La segnaletica è posta per indicare che potrebbe esserci un potenziale pericolo nell’area e include informazioni importanti sul mantenimento di un ambiente di lavoro sicuro.

7. Sapere dove sono le uscite di emergenza. Tutti i dipendenti devono capire dove devono uscire in sicurezza dal posto di lavoro in caso di evacuazione.

8. Mantenere l’emergenza accessibile. Poiché i dipendenti devono accedere rapidamente alle uscite in caso di emergenza, è imperativo che queste siano mantenute libere. Davanti alle uscite non deve essere posizionato nulla che possa bloccarle o impedirne l’apertura.

9. Segnalazione di condizioni non sicure. I dipendenti devono sapere come segnalare condizioni non sicure in modo che la direzione possa affrontare rapidamente eventuali rischi o pericoli per la sicurezza.

10. Indossare l’equipaggiamento di sicurezza corretto. Ogni dipendente ha la responsabilità di assicurarsi di indossare dispositivi di protezione adeguati che consentano loro di svolgere il proprio lavoro in sicurezza.

Come effettuare la Rianimazione Cardiovascolare (RCP)

Le emergenze mediche che richiedono la RCP possono verificarsi in qualsiasi momento e luogo. Ogni anno sono infatti migliaia i morti per complicanze di questo tipo in Italia. Tutti dovrebbero conoscere le manovre per la RCP per avere la possibilità di soccorrere qualcuno in un momento di estremo pericolo e salvarlo quando ne ha più bisogno.

Se cerchi un posto dove farlo dal vivo, ti consigliamo di cercare un corso di primo soccorso Torino, così che degli esperti possano seguirti direttamente e aiutarti nel processo di apprendimento e nel successivo processo di messa in atto.

Cos’è la RCP e perché viene eseguita?

CPR è l’abbreviazione di rianimazione cardiopolmonare. È una procedura in grado di salvare molte vite a soggetti che hanno un arresto cardiaco in corso. Per arresto cardiaco intendiamo il momento  in cui il cuore non batte più, così facendo non circola più sangue in tutto il corpo. Questo quindi priva il cervello di ossigeno, facendo perdere i sensi alla persona e smettere di respirare.

Una persona in arresto cardiaco può mostrare i seguenti segni e sintomi: non respira o non respira normalmente e produce suoni ansimanti; inconscio e non si muove; non risponde, ad esempio al tocco o al suono.

Nel caso in cui la vittima sia in stato di incoscienza e non riesca a respirare bene o affatto, dovrebbe essere subito eseguire la RCP per evitare che la vittima abbia la peggio.

La RCP è l’applicazione manuale di compressioni toraciche e ventilazioni a un ferito che ha bisogno di ossigeno. La somministrazione della RCP aiuta a far circolare il sangue e l’ossigeno intorno al corpo della persona, quando il cuore e i polmoni non possono farlo. Quando esegui la RCP, stai essenzialmente assumendo il ruolo del cuore e dei polmoni della vittima. Ciò aiuta a prevenire un ulteriore peggioramento delle loro condizioni potenzialmente letali, prima che arrivi l’assistenza medica di emergenza e prenda il sopravvento.

Come fare la RCP: neonato, adulto

Un neonato è considerato di età inferiore a un anno. L’ arresto cardiaco in un bambino è causato nella maggior parte dei casi da un’insufficienza respiratoria. Eseguire respiri di soccorso è una manovra delicata e bisogna eseguirla solo nel caso in cui si è svolto un addestramento pratico e si è sicuri di farlo per evitare che la vittima abbia altre ripercussioni. Se non hai ricevuto una formazione pratica di primo soccorso o non sei sicuro, devi chiedere consiglio ai servizi di sicurezza e medicina sul lavoro Torino sulla migliore linea d’azione da intraprendere per le circostanze specifiche.

Per somministrare la RCP ai neonati, dovresti:

Assicurarsi che i servizi di emergenza Torino siano stati chiamati il prima possibile. Se possibile, qualcun altro dovrebbe chiamare i servizi di emergenza. Se sei solo, devi prima eseguire un minuto di RCP prima di chiamare i servizi di emergenza in vivavoce.

Posizionare il bambino su una superficie piana e solida e iniziare la RCP. Apri le vie aeree mettendo una mano sulla fronte e inclinando delicatamente la testa all’indietro.

Poggia le labbra intorno alla bocca e al naso del bambino e soffia delicatamente per un secondo finché non vedi gonfiare il petto. Rimuovi la bocca e aspetta che il petto si sia sgonfiato. Ripeti questa operazione per un totale di cinque respiri di soccorso.

Posiziona due dita al centro del torace del bambino, premendo verso il basso di 4 cm (almeno un terzo della sua profondità). Somministrare 30 compressioni toraciche a una frequenza da 100 a 120 al minuto, quindi eseguire due ventilazioni di soccorso.

Devono essere ripetute 30 compressioni e due ventilazioni di soccorso fino a quando non arrivano i soccorsi o il bambino non riprenda a respirare autonomamente senza difficoltà.

Passiamo ora agli adulti, in termini di primo soccorso, un adulto è chiunque dall’inizio della pubertà (di solito intorno ai 12 anni) e oltre. Se sei un soccorritore qualificato, il che significa che hai già frequentato un corso di addestramento pratico e certificato e ti senti sicuro nell’usare le tue capacità, allora dovresti dare all’adulto delle ventilazioni di soccorso con le compressioni toraciche.

Per somministrare la RCP agli adulti, dovresti:

Il primo passo è avvisare subito i servizi di emergenza siano stati chiamati immediatamente e se qualcuno e commissionare qualcuno lì con te a cercare un defibrillatore. Nel caso in cui tu sia l’unico a poter soccorrere la vittima non lasciarlo da solo per andare a chiamare i soccorsi.

Inginocchiati accanto alla vittima e posizionala sulla schiena.

Raddrizza le braccia e piegati sulla vittima e posiziona le mani sullo sterno della vittima. Tieni le braccia dritte e usa il peso del corpo per premere direttamente fino a una profondità di 5-6 cm. Rilascia la pressione e lascia che il torace si rialzi. Ripeti 30 volte al ritmo di due al secondo, o a tempo con la canzone “Staying Alive”.

Eseguire due respiri di soccorso dopo le 30 compressioni toraciche. Per fare ciò, inclina la testa della vittima e solleva delicatamente il mento con due dita. Pizzica loro il naso, fai un respiro profondo e chiudi le labbra intorno alla loro bocca. Soffia profondamente per circa un secondo finché non vedi il loro petto sollevarsi, rimuovi la bocca e lascia cadere il petto. Ripeti ancora una volta in modo che ricevano un totale di due respiri di soccorso.

Continua questo processo di 30 compressioni seguite da due respiri di soccorso fino all’arrivo dei servizi di emergenza, la vittima inizia a respirare da sola, sei troppo esausto per continuare o se un defibrillatore è pronto.

Se necessiti di assistenza per conoscere il livello di sicurezza all’interno della tua azienda Net srl è specializzato in Salute e Sicurezza sul lavoro a Torino

Registro degli Esposti: che cos’è

Il Registro degli Esposti è importante nei casi in cui, all’interno delle aziende, siano presenti dei lavoratori che sono esposti al rischio derivante da agenti cancerogeni, mutageni ecc. Quando il lavoratore rientra in questa categoria è necessario che il datore di lavoro trasmetta tale nominativo all’INAIL con tutte le varie informazioni. L’INAL, istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, svolge diverse funzioni tra le quali: sorveglianza epidemiologica degli occupati attraverso un sistema di monitoraggio dei rischi da esposizione e delle patologie neoplastiche correlate; raccolta dei dati inviati dai datori di lavoro e gestione dei flussi informativi per lo svolgimento delle varie attività.

Tutti i lavoratori sottoposti a sorveglianza sanitaria, come previsto dall’art. 242, comma 1, del d.lgs. 81/2008, sono iscritti nel registro. I lavoratori sottoposti a sorveglianza sanitaria sono tutti quelli per i quali la valutazione di cui all’ art. 236, d.lgs. 81/2008 ha evidenziato un rischio per la salute. A partire dall’anno 2017 è stato deciso che la trasmissione dei registri degli Esposti avvenga esclusivamente per via telematica. A questo scopo, l’Istituto ha predisposto un applicativo disponibile nella sezione del portale Inail dedicata ai servizi on line, che sarà immediatamente disponibile per i titolari di posizione assicurativa. L’utilizzo di tale applicativo consente ai datori di lavoro di assolvere l’obbligo di invio dei registri verso Inail e Asl competenti con un’unica procedura.

Tale registro dovrà essere aggiornato ogni tre anni o ogni qualvolta si verifichino modifiche sostanziali durante il processo produttivo. Nello specifico, dunque, il registro degli Esposti non è altro che un documento che tiene traccia delle esposizioni subite dal lavoratore sul posto di lavoro. All’interno di tale registro, dovranno essere fornire diverse informazioni quali: attività svolta dei lavoratori; i lavoratori esposti; i dati relativi agli agenti cancerogeni o mutageni impiegati; il valore dell’esposizione a tali agenti in termini di intensità, frequenza e durata.

Il registro può essere consultato sia dal Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione (RSPP) sia dal Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS). Il registro degli esposti è un importante strumento di prevenzione oltre che un obbligo formale. Grazie ad esso, sarà possibile avere maggiore consapevolezza dei rischi determinati sul posto di lavoro e capire le varie misure di prevenzione da attuare per tutelare la salute e la sicurezza di ogni lavoratore.

Quali modelli utilizzare per il Registro degli Esposti

Il Decreto legislativo 81/2008 prevede diversi tipi di Registri degli esposti che sono:

  • Modello C626/1: vengono riportate tutte le informazioni generali come i dati anagrafici del datore di lavoro e le attività che l’aziende svolge come attività produttiva, agente utilizzato, addetti ecc.
  • Modello C626/2: questo tipo di registro contiene le informazioni relative ai lavoratori esposti al rischio, quindi i vari dati anagrafici, l’attività svolta l’agente utilizzato, l’intensità, frequenza e durata dell’esposizione.
  • Modello C626/3: questo modello, a differenza dei precedenti, viene utilizzato per comunicare eventuali variazioni all’interno dell’azienda come la modifica della Ragione Sociale, attività produttiva, sede territoriale ecc.
  • Modello C626/4: da utilizzare nei casi in cui il lavoratore è stato esposto ad agenti cancerogeni presso altre aziende.

Come abbiamo detto, la trasmissione dei dati contenuti all’interno del Registro deve avvenire in modalità telematica, inserendo le proprie credenziali all’intento del portale istituzionale. Tali documenti verranno poi conservati per un periodo di quarant’anni dalla cessazione dell’esposizione.

Registro degli Esposti: perchè è importante farlo?

Il datore di lavoro, secondo la Legge in vigore, ha l’obbligo di effettuare una valutazione dell’esposizione agli agenti cancerogeni o mutageni e predisporre le il Registro degli Esposti con le varie misure di prevenzione da adottare in base alla diverse situazioni di pericolo. Verrà quindi redatto il documento Valutazione Rischi (DVR) che conterrà: le attività svolte sul posto di lavoro che richiedono l’uso di sostanze cancerogene e il motivo per il quale vengono utilizzate; i quantitativi di sostanze impiegate; il numero dei lavoratori esposti a queste sostanze; le misure da adottare in caso di pericolo; l’indagine per valutare un modo per sostituire gli agenti cancerogeni.

Nei casi in cui l’esposizione a tali sostanze, abbia determinato un rischio evidente per la salute del lavoratore, è necessario che quest’ultimi vengano sottoposti a sorveglianza sanitaria. Il datore di lavoro avrà il compito, su parere del medico competente, di adottare le misure necessarie atte a prevenire tale rischio sulla base degli esami clinici e biologici effettuati. Sarà sempre premura del datore di lavoro procedere all’iscrizione dei nominativi dei lavoratori nel registro degli Esposti.

Sicurezza Cantieri Stradali: Segnaletica e Norme

La sicurezza in un cantiere stradale (fisso o mobile) è molto importante e richiede una particolare attenzione, in vista di eventuali fattori di rischio presenti. Ridurre al minimo le possibilità di infortuni e incidenti durante l’allestimento di un cantiere stradale è prerogativa fondamentale per la tutela, salute e sicurezza dei lavoratori e di tutti coloro che si troveranno a transitare in quell’area.

Viene definito cantiere stradale il tratto di strada cui è presente un’anomalia o ostacolo, per attività che possono riguardare, ad esempio, lavori di ripristino del manto stradale, lavori di pulizia, manutenzione o rifacimento della segnaletica, scavi, manutenzione dell’illuminazione pubblica, potatura piante o taglio dell’erba e così via. A seconda dei motivi per i quali viene allestito un cantiere stradale, vengono distinte diverse tipologie di cantiere che sono:

  • Cantieri di durata non superiore a 2 giorni (basterà impiegare solo segnali mobili);
  • Cantieri di durata tra i 2 e 7 giorni (utilizzo di segnali parzialmente fissi);
  • Cantieri di durata oltre i 7 giorni (utilizzo di segnali fissi e segnaletica orizzontale di colore giallo);
  • Cantieri fissi (non subiscono alcuno spostamento per minimo mezza giornata e prevedono l’utilizzo di segnaletica di avvicinamento, di posizione e di fine prescrizione);
  • Cantieri mobili (utilizzo di un segnale mobile di preavviso e uno mobile di protezione, che si spostano in modo coordinato all’avanzamento dei lavori, e di coni o paletti che delimitano la zona lavoro).

Se il cantiere stradale allestito è di grandi dimensioni, allora occorrerà redigere un piano di Sicurezza e di Coordinamento (PSC) ed incaricare un addetto per la gestione della sicurezza in cantiere. Se invece, si tratta di un cantiere medio o piccolo, allora è sufficiente procedere con un piano operativo di Sicurezza (POS). Un’altra distinzione che viene fatta quando si parla di cantiere stradali è quella di fissi e mobili.

I cantieri fissi sono tutti quelli che non vengono spostati dopo la fine della giornata e prevedono l’utilizzo di segnaletica di avvicinamento, di posizione e di prescrizione. Mentre, quello mobile viene definito così perchè si sposta in base all’avanzare dei lavori. Tale cantiere, di solito, è presente su strade con due corsie e deve essere dotato di segnaletica. La sicurezza dei cantieri stradali è disciplinata dal Dlgs 81/08 che obbliga all’uso di abbigliamento lavori stradali adeguati, consistenti in specifici D.P.I. individuati in base al rischio considerato e al loro utilizzo. Il D.P.I. è fornito dal datore di lavoro e nel POS sono indicati i DPI necessari per ogni fase di intervento.

Segnaletica Cantieri stradali: le caratteristiche

Per la salute e sicurezza dei lavoratori e automobilisti sui cantieri è fondamentale l’uso di una segnaletica, il cui scopo è quello di avvertire prontamente gli utenti dei lavori presenti su quel determinato tratto e informarli sui comportamenti da adottare. Dunque, nei cantieri stradali i segnali devono essere ben visibili e percepibili da tutti gli utenti sia di giorno che di notte; devono essere uniformi e stabili; prevedere eventuali condizioni particolari come traffico in strada, agenti atmosferici ecc. è ovvio che durante il periodo del cantiere, eventuali segnali precedente presenti vengono temporaneamente sospesi per dare spazio alla segnaletica temporanea.

Nei cantieri stradali, la segnaletica presenta alcune caratteristiche fondamentali come il colore, di solito a fondo giallo, dimensioni, rifrangenza (visibile sia di giorno che di notte), supporti di sostegno. Tra le varie tipologie di segnaletica per cantieri stradali:

  • Segnali luminosi: in caso di scarsa visibilità, il segnale dovrà contenere appositi apparati luminosi per dispositivi a luce rossa o gialla.
  • Segnalazione del cantiere: dispositivi con prescrizioni e indicazioni;
  • Sicurezza dei pedoni: per tutelare le persone che si trovano a transitare su quel percorso.
  • Limitazione di velocità: questa segnaletica non è sempre obbligatoria perchè si viene a determinare in base al tipo di lavoro da effettuare. Impone a chi percorre quel tratto di strada di adottare un comportamento prudente.

Formazione obbligatoria per chi lavora nei Cantieri Stradali

Gli addetti ai lavori stradali devono perseguire un corso di formazione per operatori e preposti segnaletica cantieri stradali. In particolare, bisognerà seguire un corso per operatori che viene suddiviso in tre moduli della durata di otto ore. Mentre, il corso per preposti alla segnaletica cantieri stradali è suddiviso in tre moduli dalla durata di 12 ore. Entrambi i percorsi prevedono una formazione di tipo teorica unita ad una parte pratica. Finite le ore, le competenze acquisite verranno verificate attraverso un test e con il rilascio eventuale di un attestato. È il datore di lavoro che dovrà accettarsi che il suo dipendente abbia i requisiti necessari a svolgere il lavoro.

Addetto Primo Soccorso: chi è

Il Testo Unico per la Sicurezza sul Lavoro (D. Lgs. 81/08) prevede una serie di figure che devono essere obbligatoriamente presenti all’interno di un’azienda, al fine di garantire un elevato livello di sicurezza ai dipendenti, sia dal punto di vista lavorativo che di salute. Tra queste figure, vi è l’Addetto al Primo Soccorso. La sua nomina spetta al datore di lavoro, in quale dovrà capire chi tra i lavoratori sia in grado di intervenire in caso di emergenza prima dell’arrivo del personale qualificato. Non occorre che la figura scelta abbia qualifiche mediche, ma è importante che sappia intervenire in maniera corretta.

Come la valutazione dei rischi, anche la gestione di un buon sistema di soccorso all’interno di un’azienda è affidato al datore di lavoro, che se ne assume la piena responsabilità. Il Decreto Ministeriale 388/03 disciplina il servizio di primo soccorso aziendale, fornendo diverse informazioni importanti come la classificazione delle aziende, le attrezzature da mettere a disposizione e il tipo di formazione che un addetto di primo soccorso deve possedere. Tuttavia, la legge non specifica il numero esatto di addetti da nominare per il primo soccorso. Si limita, semplicemente, a precisare che tale figura sarà scelta in funzione della tipologia e dimensioni dell’azienda, in base al numero dei lavoratori presenti e ai fattori di rischio.

Prima di continuare la nostra spiegazione, è bene fare una precisazione su cosa sia esattamente il primo soccorso. Con questo termine, si fa riferimento all’insieme di atti effettuati dal personale non sanitario di un’azienda prima dell’arrivo del personale qualificato. Tale termine, tuttavia, non deve essere confuso con quello di “pronto soccorso”, in quanto si tratta di pratiche diverse. L’intervento dell’Addetto Primo Soccorso si verifica nei casi di pericolo in lavori svolti in sotterranei, lavori in edilizia o lavori in cantiere. In questi casi, l’addetto al primo soccorso deve intervenire e mettere in pratica tutte le sue conoscenze in materia di primo soccorso. Sono richieste anche nozioni di base su patologie e traumi sul posto di lavoro.

I compiti principali dell’Addetto al Primo Soccorso

I compiti principali dell’Addetto al Primo Soccorso sono tanti. Egli dovrà essere in grado capire l’infortunio subito dal lavoratore ed intervenire immediatamente per la dovuta assistenza, accertandosi delle sue condizioni psico-fisiche. Dovrà, inoltre, chiamare con rapidità i soccorsi e le autorità competenti per fornire loro le informazioni di cui avranno bisogno come ad esempio il luogo dell’infortunio, il numero dei soggetti coinvolti e le condizioni di salute di essi. L’addetto al primo Soccorso avrà anche il compito di posizionare in maniera corretta l’infortunato, al fine di evitare ulteriori danni e prevenire ulteriori pericoli.

Se dovesse essere necessario, potrà effettuare il massaggio cardiaco e la respirazione artificiale. Infine, egli avrà la responsabilità di assicurarsi che la cassetta del pronto soccorso abbia tutto l’occorrente necessario in caso di emergenza, che tutti i prodotti al suo interno non siano scaduti e nel caso ha il compito di rifornirla. Nei casi in cui è necessaria un’evacuazione degli edifici, sarà fondamentale la comunicazione ai soccorsi per il trasporto dei feriti alle strutture ospedaliere. I compiti principali dell’Addetto al Primo Soccorso sono occasionali e non devono mai superare il limite consentito. Egli, infatti, normalmente non conosce le tecniche e pratiche specifiche e pertanto un eccesso potrebbe causare ulteriori peggioramenti delle condizioni dell’infortunato.

Formazione per un Addetto al Primo Soccorso

Scegliere una persona qualificata al primo soccorso è molto importante per un’azienda, in quanto rappresenta una misura di prevenzione per la salute e sicurezza dei lavoratori. Infatti, in caso di emergenza, è bene che i lavoratori abbiano conoscenze specifiche dei traumi dovuti ad un incidente sul lavoro, nonché la capacità di intervenire in caso di estrema urgenza e necessità. Pertanto, è consigliabile che il datore di lavoro non proceda esclusivamente alla formazione di un solo lavoratore al primo soccorso, ma garantisca una formazione adeguata a tutto il personale aziendale per una sorveglianza sanitaria. 

Il datore di lavoro, tra i vari compiti cui è obbligato a rispettare, ha anche quello di redigere alcuni documenti, come il documento di Valutazione dei Rischi. Quest’ultimo servirà a fornire una valutazione dei rischi possibili all’interno dell’azienda e specificare le eventuali misure da adottare in caso di pericolo, per garantire la sicurezza dei lavoratori. Questo documento ha lo scopo principale di ridurre al minimo i casi di infortunio sul posto di lavoro.

I lavoratori svolgeranno le ore di formazione attraverso le spiegazione del personale medico autorizzato, dividendole in una parte teorica e una pratica, in moda che il lavoratore sia capace di prestare assistenza nel caso si verifichino gravi incidenti sul posto di lavoro. Una volta effettuata la nomina dell’addetto o addetti al primo soccorso, quest’ultimi riceveranno le dovute nozioni relative alla salute e sicurezza sul lavoro. Oltre alla teoria, sono previste esercitazioni pratiche per apprendere tecniche specifiche come ad esempio il massaggio cardiaco. Alla fine del corso è previsto una verifica delle competenze e l rilascio di un attestato.

Sanificazione degli Ambienti di Lavoro: quando e come farla

A seguito della diffusione della pandemia da Covid-19, la sanificazione degli Ambienti di Lavoro è diventata una procedura indispensabile e necessaria da attuare. Tutti i datori di lavoro sono obbligati ad adottare una serie di misure atte a garantire la pulizia e sanificazione di superfici e ambienti interni a tutela della salute e sicurezza dei lavoratori. Nello specifico, è una procedura che va oltre la pulizia ordinaria e che prevede l’impiego di prodotti adatti e non tossici, riconosciuti dal Ministero della Salute.

Il D.M. 7, n.274/1997 definisce le attività di panificazione come un “complesso di procedimenti e operazioni atti a rendere sani determinati ambienti mediante l’attività di pulizia e/o di disinfezione e/o di disinfestazione ovvero mediante il controllo e il miglioramento delle condizioni del microclima per quanto riguarda la temperatura, l’umidità e la ventilazione ovvero per quanto riguarda l’illuminazione e il rumore”. Quindi, la sanificazione comprende una serie di attività che servono ad eliminare eventuali batteri ed agenti contaminati come la rimozione dello sporco, la detersione, la disinfezione e l’aerazione.

Dunque, la sanificazione di un luogo di lavoro si distingue in pulizia, quando si tratta di una semplice rimozione di polvere sporco vario ad oggetti, superfici ecc utilizzando acqua e prodotti detergenti. Invece, disinfezione si tratta di un’attività che distrugge i microrganismi patogeni su tutte le superficie utilizzando prodotti disinfettanti di natura chimica o attraverso l’impiego di macchine. Questo genera diversi vantaggi, tra i quali: riduce la quantità di batteri e virus; elimina funghi e funghi; toglie cattivi odori e allergeni; abbatte gli inquinanti chimici e biologici; migliora la quantità dell’aria e dell’attività produttiva.

Prima di procedere con la sanificazione, è necessario effettuare una pulizia delle superfici e oggetti con acqua e detergenti neutri. È opportuno disinfettare solo con prodotti ad azione virucida, approvati dal Ministero della Salute secondo le norme in vigore. È necessario garantire sempre un adeguato tasso di ventilazione e ricambio dell’aria per la sicurezza sul lavoro. Affinchè la sanificazione sia valida e venga fatta nel modo corretto, è necessario utilizzare prodotti adatti, autorizzati e registrati come disinfettati ad azione virucida, autorizzati dal Ministero della Salute e verificati dall’Istituto Superiore di Sanità. Pertanto, è importante tenere sotto controllo le diciture delle etichette riportate sui prodotti: dovrà esserci scritto “igienizzanti per gli ambienti”. Di contro, bisognerà evitare di mescolare prodotti diversi tra di loro e sarà necessario indossare dispositivi di protezione individuale (DPI).

Sanificare gli ambienti di lavoro: a chi rivolgersi

Il datore di lavoro che intende procedere a sanificare gli ambienti di lavoro, attraverso la semplice pulizia o igienizzazione, allora dovrà rivolgersi ad un’impresa di pulizia. Per quanto riguarda la sanificazione, invece, quest’ultima dovrà essere effettuata da professionisti del settore, competenti e qualificati a svolgere tale attività che richiede l’uso di attrezzature e prodotti specifici. Consigliamo di affidare questo tipo di attività a ditte esterne, in grado di effettuare una valutazione dei rischi. 

I lavoratori addetti dovranno avere un’adeguata formazione per quanto concerne l’impiego dei dispositivi da impiegare e l’uso dei prodotti specifici. A partire dal 6 aprile 2021 è entrato in vigore un nuovo protocollo anti-contagio Covid-19, per prevenire la diffusione del virus. Tra le varie misure adottate, meritano particolare attenzione quelle dedicate alla pulizia e sanificazione nelle aziende. In particolare, il protocollo approvato prevede una pulizia giornaliera e la sanificazione dei locali e dell’attrezzatura presenti sul posto di lavoro. Inoltre,se all’interno dell’azienda si è verificato un caso di positività da Covid-19, bisognerà procedere alla sanificazione degli ambienti e alla ventilazione delle varie aree.

A fine turno di lavoro, occorre procedere con la disinfezione di schermi, tastiere, mouse con determinati detergenti; nelle aziende con sospetto Covid, oltre la pulizia, sarà richiesta una sanificazione straordinaria degli ambienti. Una volta terminato tutto il processo di sanificazione, è necessario smaltire in maniera adeguata i rifiuti utilizzati (rifiuti pericolosi) come guanti monouso, mascherine, camici ecc ecc. il processo di sanificazione verrà registrato all’interno di un registro, che verrà aggiornato ogni qualvolta venga effettuata la sanificazione.

Per sanificare gli ambienti di lavoro, come abbiamo visto, è richiesto l’uso di particolari prodotti che contengono: ipoclorito di sodio (candeggina o varechina), etanolo o alcol etilico; perossido di idrogeno (acqua ossigenata). Tale sanificazione dovrà avvenire periodicamente, secondo le caratteristiche dell’azienda. Per questo, è bene predisporre tale procedure a persone esperte in grado di valutare la miglior tecnica. Prima di procedere, l’ambiente dovrà essere sgombro in quanto le sostante impiegate, seppur gas naturale impiegato in minime quantità, potrebbe provocare danni alle vie respiratorie di un essere umano. Sarà il datore di lavoro a decidere ogni quanto tempo effettuare la sanificazione degli ambienti di lavoro. Il dipendente potrà effettuare interventi di pulizia della propria postazione o attrezzatura utilizzata con l’impiego, sempre, di prodotti e dispositivi di protezione individuali previste dalla normativa.

Agenti chimici pericolosi: sicurezza sul posto di lavoro

Il rischio di agenti chimici sul posto di lavoro è molto diffuso. A differenza di quanto si possa pensare, queste sostante non sono rintracciabili solo all’interno di industrie chimiche e raffinerie o all’interno di laboratori scientifici, ma esse possono trovarsi anche in vasti settori dell’attività lavorativa. Gli agenti chimici, infatti, sono tra le principali cause di rischio, di cui il Datore di Lavoro è obbligato a prendere misure di prevenzione, atte a tutelare la salute e sicurezza sul lavoro.

Tra le varie aziende dove è possibile ritrovare prodotti potenzialmente pericolosi vi sono ad esempio: industrie cosmetiche, meccaniche, alimentari, edilizia, tessile, imprese di pulizia o ancora tipografie. Ma cosa si intende per agente chimico? Con questo termine si fa riferimento a tutte quei composti chimici che potenzialmente possono essere considerati nocivi e che vengono utilizzate o smaltite in qualsiasi attività lavorativa. Quest’ultimi si dividono in due classi:

  • Agenti con proprietà pericolose di tipo chimico e fisico, cioè prodotti infiammabili, esplosivi, corrosivi;
  • Agenti con proprietà tossicologiche, distinti in sostanze irritanti, sensibilizzanti, nocive, tossiche e cancerogene.

La differenza tra le due classi sta nel fatto che la prima nella maggior parte dei casi genera infortuni sul posto di lavoro, mentre la seconda genera varie malattie. Per quanto riguarda la Normativa, il Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.), stabilisce “misure generali e specifiche di tutela e obblighi per i datori di lavoro e i lavoratori” suddivisi in tre gruppi: protezione da agenti chimici, protezione da agenti cancerogeni e mutageni, protezione da rischi connessi all’amianto.

Uno strumento per l’immediata valutazione dei rischi su una sostanza chimica è costituito dall’etichettatura, in quanto in essa vengono definite nove diverse tipologie di rischio associate alle proprietà della sostanza. In generale, sono simboli di colore bianco con una cornice rossa che ne indicano il pericolo. I lavoratori che sono esposti ad agenti chimici pericolosi saranno sottoposti a sorveglianza sanitaria che verrà effettuata prima che il lavoratore inizi la sua nuova attività lavorativa; una volta all’anno o con periodicità diversa secondo quanto stabilito dal medico competente; in seguito alla fine del rapporto di lavoro.

Valutazione del rischio ad agenti chimici

Un agente chimico presente sul posto di lavoro genera una condizione di rischio. È a tal proposito che il datore di lavoro “determina preliminarmente la presenza nell’ambiente di lavoro di agenti chimici pericolosi, facendo un accurato censimento di tutte le sostanze e miscele utilizzate nel ciclo di lavoro e controllando la loro classificazione, etichettatura e le informazioni riportate nelle schede dati di sicurezza o desumibili da altre fonti di letteratura (ad es. Banche dati chimico-fisiche, tossicologiche ecc.)”. Dunque, il rischio non è altro che la probabilità di quest’ultimo di manifestarsi durante l’uso o l’esposizione di tali sostanze.

Distinguiamo tre tipologie di rischio:

  • Rischi per la sicurezza: pericoli fisici derivanti dagli agenti chimici;
  • Rischi per la salute: pericoli per la salute dell’uomo;
  • Rischi per l’ambiente: effetti che una sostanza o miscela una volta immessa può provocare all’ambiente.

Il datore di lavoro avrà l’obbligo di tenere in considerazione i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori secondo alcuni fattori, quali: livello, tipo e durata dell’esposizione; proprietà pericolose degli agenti chimici; valori limite di esposizione professionale o valori limite biologici; effetti delle misure preventive e protettive adottate o da adottare; soluzioni da adottare in caso di pericolo.

Stabiliti questi fattori, la valutazione del rischio ad agenti chimici si articola in tre fasi:

  • Valutazione del pericolo: bisogna eseguire un’analisi della scheda di sicurezza del prodotto. Su quest’ultimo, infatti, saranno riportate e descritte tutte le proprietà pericolose della sostanza. È importante che tale elenco sia il più chiaro e preciso possibile e sopratutto sempre aggiornato;
  • Valutazione dell’esposizione: valutazione delle modalità attraverso le quali i lavoratori rischiano il contatto con la sostanza pericolosa, la frequenza dell’utilizzo di tale sostanza, la quantità massima esposta all’ambiente e il suo assorbimento nell’organismo umano;
  • Caratterizzazione del rischio: valutare le possibili misure di protezione e sorveglianza sanitaria da attuare in caso di situazioni di pericolo.

Al termine di tale valutazione, si potranno ottenere quattro possibili situazioni: rischio basso per la sicurezza ed irrilevante per la salute; rischio basso per la sicurezza e non irrilevante per la salute; rischio non basso per la sicurezza ed irrilevante per la salute; rischio non basso per la sicurezza e non irrilevante per la salute.

Il rischio basso per la sicurezza “è associato alla salvaguardia dell’integrità fisica del lavoratore da effetti acuti e immediati, quali un infortunio o le conseguenze di una breve esposizione”. Mentre, il rischio irrilevante per la salute “è associato a condizioni di lavoro nelle quali l’esposizione agli agenti chimici pericolosi è ampiamente al di sotto dei valori limite di esposizione individuati dalla normativa, in modo da tutelare la salute dei lavoratori”.

Lavoro negli spazi confinati: Caratteristiche e norme

Svolgere un’attività lavorativa, di qualsiasi tipo, include diversi fattori di rischio. Quest’ultime dipendono dalla mansione svolta, dalla struttura dell’ambiente dove di opera, dalle attrezzature e macchinari impiegati. In tal senso, il datore di lavoro ha degli obblighi definiti nel Testo Unico sulla salute e sicurezza sul posto di lavoro. In questa guida, ci occuperemo di analizzare in particolare il lavoro negli spazi confinati, cioè tutti quegli ambienti che presentano almeno un fattore di rischio accertato e che possono provocare situazioni di rischio quali infortuni gravi o seri pericoli alla vita di un lavoratore. I rischi che comunemente si incorrono in uno spazio confinato sono legati a cadute dall’alto, asfissia, ispirazione di sostante tossiche, annegamento, carenza di ossigeno, espansioni e condizioni climatiche non ottimali.

Le caratteristiche che contraddistingue uno spazio confinato sono: varchi di accesso limitati con una ventilazione scarsa che, unita alla presenta di sostanze chimiche pericolose, comporta un’elevata condizione di rischio morte o infortunio grave. Vista l’elevata condizione di rischio che questi posti di lavoro determinano, si è resa necessaria attuare una normativa che potesse regolare il lavoro in tali ambienti.

La normativa che regolamenta il lavoro negli spazi confinati è contenuta nel D. Lgs. 81/08, secondo cui si esplicano uno serie di divieti, obblighi e misure preventive atte a salvaguardare incidenti negli ambienti confinati. In particolare, l’art. 66 vieta l’accesso ai lavoratori in luoghi dove potrebbero esserci gas nocivi, senza che sia stata effettuata un controllo mirato che accerti l’assenza di pericolo per il lavoratore stesso. Se le condizioni atmosferiche sono incerte, il lavoratore per lavorare in questi ambienti dovrà munirsi di sistemi di protezione come cinture di sicurezza per tutta la durata dell’attività lavorativa.

Per quanto riguarda le vie di fuga, tale articolo dispone: “l’apertura di accesso a detti luoghi deve avere dimensioni tali da poter consentire l’agevole recupero di un lavoratore privo di sensi”. Dunque, accessi che garantiscano una via di fuga al lavoratore e ai soccorritori. Il D. Lgs. N° 81 del 2008, inoltre, individua anche dei luoghi dove la vita del lavoratore è messa in pericolo e detta delle regole per svolgere l’attività di lavoro in piena sicurezza. Si tratta di silos, canalizzazioni, vasche, serbatoi ecc. I lavoratori che operano all’interno di questi ambienti sono tenuti ad essere addestrati, dunque a seguire dei corsi di formazione a riguardo.

Situazioni di rischio in ambienti confinati

Quando si lavora all’interno di spazi confinati, il rischio di incorrere in infortuni gravi è elevato. Con esso anche la difficoltà delle procedure di soccorso da attuare nella gestione dell’emergenza qualora capitasse un incidente. Il D.P.R. 177/11 ha stabilito che “deve essere adottata ed efficacemente attuata una procedura di lavoro diretta a eliminare o, ove impossibile, ridurre al minimo i rischi propri delle attività in ambienti confinati”, che comprenda l’organizzazione dell’eventuale fase di soccorso e di coordinamento con il sistema di emergenza del Servizio sanitario nazionale e dei Vigili del Fuoco. È importante, dunque, una buona organizzazione delle fasi di emergenza e, di conseguenza, l’elaborazione di piani operativi di sicurezza.

Per prima cosa, sarà necessario definire i flussi comunicativi sia tra i lavoratori che tra gli addetti esterni. Una buona comunicazione garantisce un’attivazione più immediata delle procedure di emergenza e soccorso. Tra gli obblighi previsti dal D.P.R. 177/11 c’è quello di munirsi obbligatoriamente dei necessario D.P.I. e attrezzature di sicurezza, come autorespiratori, rivelatori di gas nocivi o infiammabili, sistemi di soccorso e/o recupero. Gli addetti ai lavori che operano in questi ambienti devono essere esperti cioè devono aver maturato un’esperienza triennale in spazi confinati o in ambienti sospetti di inquinamento.

È importante, inoltre, che il committente dei lavori informi i lavoratori circa i rischi presenti nell’ambiente, sulle caratteristiche di quest’ultimo e sulle varie misure da adottare in caso di situazioni emergenziali. Il datore di lavoro deve anche nominare una figura competente in materia di sicurezza, di modo da vigilare e coordinare le operazioni di lavoro. Se è prevista dalla valutazione dei rischi, i lavoratori devono essere muniti di attrezzature e strumenti dotati di sistema allarme, che siano in grado di misurare la presenza di ossigeno e le relative percentuali di sostanze tossiche o infiammabili. Questa attrezzatura faciliterà, così, le operazioni di soccorso o evitare incidenti che potrebbero avere risvolti tragici.

Attrezzatura da lavoro negli spazi confinati

Tra tutte le attrezzature che possono essere adottate, non c’è dubbio che i D.P.I. rappresentino quelle più importanti. Per definizione, i DPI sono “qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo”. Dunque, il lavoratore è obbligato a utilizzarli sempre, a seconda del tipo di rischio nello svolgimento della mansione che quest’ultimo è tenuto a fare.

Sul mercato esistono tantissimi DPI, adatti a diverse esigenze come ad esempio elmetti di protezione, occhiali protettivi, indumenti protettici, scarpe di sicurezza, autorespiratori e tanti altri. In particolare, quest’ultimi giocano un ruolo fondamentale quando si lavora in spazi confinati. La protezione delle vie respiratorie è necessaria soprattuto quanto si lavora in spazi piccoli con carenza di ossigeno o con con temperature elevate, quando sono presenti fumi di metalli o polveri vari. È importante, infine, che ogni DPI sia dotato di certificazione CE, di modo da garantirne la conformità.

HACCP: che cos’è la Normativa sulla Sicurezza Alimentare

Il termine HACCP è l’acronimo in italiano di “Analisi dei rischi e dei punti critici di controllo”, un sistema di controllo e monitoraggio di tutte le fasi di manipolazione degli alimenti, introdotta dal Legislatore per garantire la sicurezza e l’igiene dei servizi per prevenire il rischio di contaminazione. Si tratta, in definitiva, di un sistema di controllo per eliminare ogni forma di rischio, come ad esempio di batteri, nella produzione dei vari alimenti. Per fare ciò, l’HACCP tiene conto di tutte le fasi del ciclo produttivo quindi: fabbricazione, trasformazione, confezionamento, deposito, trasporto, distribuzione, preparazione, manipolazione, vendita e consumo.

Con l’emanazione di norme a livello comunitario, è stato stabilito l’obbligatorietà da parte delle aziende del settore alimentare di individuare i possibili pericoli associati a tale processo produttivo, evidenziandone ogni criticità e pericolosità. Il sistema HACCP fu introdotto per la prima volta nel 1960 per volere della NASA, in modo tale da assicurare la totale assenza di contaminazioni chimiche e biologiche all’interno degli alimenti destinati agli astronauti in missione sullo spazio. Nonostante il passare degli anni e dei relativi cambiamenti nel settore dell’igiene e della microbiologia, ad oggi tale sistema appare sostanzialmente invariato.

In particolare, nel 2006 è entrato in vigore il Regolamento CE 852/2004 con il quale sono state previste sanzioni per chi non rispetta tale norma. Esso si basa su sette principi cardini:

  1. Analisi e identificazione dei pericoli e dei rischi associati alle fasi di produzione alimentare;
  2. Determinazione dei Punti Critici di Controllo (CCP);
  3. Individuazione dei limiti critici per ogni CCP;
  4. Determinazione delle procedure di monitoraggio per ogni CCP;
  5. Determinazione ed applicazione delle eventuali azioni correttive;
  6. Determinazione delle procedure di verifica atte a valutare il corretto funzionamento del piano HACCP;
  7. Predisposizione di un sistema di gestione della documentazione relative all’azienda.

L’adozione di tale sistema basato sui principi dell’HACCP sono molto importanti per garantire la sicurezza alimentare. Dunque, ogni azienda del settore agroalimentare ha l’obbligo di adottare tale Piano, tenendo conto che una corretta applicazione si basa sull’impegno e coinvolgimento dei responsabili di produzione, ma soprattutto dai singoli operatori alimentari.

Cosa contiene il documento HACCP

Tutti coloro che operano nel settore alimentare sono tenuti per Legge a redigere il documento HACCP. Tale documento dovrà essere elaborato da una persona esperta in materia sicurezza alimentare. In esso saranno contenute diverse informazioni fondamentali sul piano igienico sanitario, quali:

  • Dati relativi all’azienda;
  • Rischi presenti durante la fase produttiva;
  • Le procedure d’igiene adottate;
  • Le misure di sicurezza da attuare;
  • Stabilire ruoli e responsabilità;
  • Descrizione dei prodotti impiegati e la tipologia di materia prime usate;
  • Analisi igienico-sanitarie dell’azienda;
  • Punti critici di controllo;
  • Formazione del personale.

Il manuale HACCP va redatto secondo la tipologia di attività e la struttura dell’azienda. Serve, pertanto, ad elaborare una valutazione dei rischi sul posto di lavoro e specificare le misure per eliminare o ridurre al minimo eventuali rischi. Una volta redatto, tale piano deve essere tenuto all’interno dell’azienda ed essere sempre accessibile nei casi, ad esempio, di ispezione igienico sanitaria. Il documento dovrà essere aggiornato ogni qualvolta quest’ultimo subisce cambiamenti, come la sostituzione di eventuali macchinari di produzione, assunzione di nuovi lavoratori, cambio del luogo fisico della sede, cambio dei processi di produzione.

Corso di formazione HACCP

Per lavorare nel settore alimentare è necessario essere in possesso dell’attestato HACCP. Tale attestato può essere rilasciato seguendo un corso di formazione HACCP in materia di sicurezza e igiene alimentare. È obbligatorio per tutti coloro che hanno a che fare con la lavorazione e preparazione degli alimenti come cuochi, pizzaioli, pasticceri ecc, ma è obbligatori anche per chi non ha a che fare direttamente con gli alimenti come camerieri, lavapiatti, magazzinieri ecc. Infine, è obbligatorio anche per i responsabili o titolari dell’industria alimentare cioè coloro che gestiscono e controllano la sicurezza alimentare dell’azienda attraverso una sorveglianza sanitaria. Sono esonerati dal seguire un corso di formazione, invece, tutti coloro i quali hanno un titolo di studio specifico come i diplomati presso Istituti alberghieri o agrari, laureati in medicina e chirurgia, veterinaria, in biologia ecc.

Tale corso verterà su vari argomenti come i rischi e pericoli alimentari, gli obblighi e responsabilità del soggetto facente parte del settore alimentare, principi di pulizia e disinfezione degli ambienti di lavoro e attrezzature impiegate, modalità di conservazione e tracciabilità degli alimenti e altro. La relativa formazione ed esame finale, consentirà il rilascio dell’attestato HACCP. Nei casi in cui non si sia in possesso di tale attestato o l’azienda non provvede a redigere il documento, il datore di lavoro dell’azienda sarà tenuto al pagamento di un’ingente sanzione che può arrivare fino a 6000 euro nei casi in cui il piano HACCP sia irregolare o non aggiornato, oppure 3000 euro se vi è stata inosservanza dei principi fondamentali previsti dall’HACCP.