Whistleblowing è un termine anglosassone che fa specifico riferimento, nel linguaggio specialistico aziendale, alla denuncia di irregolarità o illeciti scaturiti da un comportamento non consono da parte di un collega di lavoro, qualunque sia la sua mansione o il suo ruolo all’interno dell’azienda per la quale si lavora.

In genere la situazione contempla la presenza di uno spettatore che si ritrova ad essere testimone di tali attitudini da parte di un collega e che riconosce, secondo le normative emanate relativamente all’eticità del lavoro che svolge, che tali comportamenti potrebbero essere lesivi non solo per la struttura aziendale e per gli organi che la governano, ma anche per l’equilibrio lavorativo sereno che dovrebbe essere alla base delle abitudini di lavoro dei dipendenti, nonché della relativa credibilità e correttezza dell’impresa all’esterno, nei confronti principalmente della clientela.

Si entra così all’interno dell’ambiente tematico della compliance, regolatore ideale della attività aziendale che si occupa del comparto esecutivo dei giusti atteggiamenti di lavoro nel rispetto della morale etica e nell’osservanza della legge dell’ordimento al quale risponde l’impresa per garantirne non solo il buon nome ma anche la reputazione e la correttezza delle attività svolte al suo interno.

Il whistleblower, o colui che si ritrova per svariate ragioni ad essere testimone di attitudini illecite ha -e dovrebbe sempre avere la libertà- di rendere edotto chi di dovere dello svolgimento attivo di tali irregolarità, eppure molti dipendenti sperimentano un sentimento di ritrosia nel farlo per timore di non aver garantito l’anonimato e nella previsione di possibili ritorsioni da parte dei dipendenti che intendono denunciare proprio perché, attraverso la loro segnalazione, questi ultimi potrebbero subire delle ripercussioni irreversibili in merito al proprio stato lavorativo e in alcuni casi anche conseguenze legali di una certa incisività.

A tal fine esistono molte società professionali come NetSrl Sicurezza e Medicina del Lavoro specializzate anche nell’offrire un servizio alle imprese volto a regolare la consulenza whistleblowing con la possibilità di fruire anche di canali sicuri e adespoti che possano accogliere il flusso di trasmissione delle suddette in assoluta sicurezza.

La regolamentazione del Whistleblowing

Il primo tentativo di regolarizzare secondo norma di legge tale pratica è iniziato nel 2012 ma la vera concretizzazione di tutti gli aspetti legali correlati ha trovato accoglimento soltanto nel 2017 e comprende sia le attività di respiro pubblico che le imprese di identità e a conduzione privata.

Le voci legiferanti non richiedono al dipendente che ha effettuato la segnalazione di indagare sulla natura degli illeciti di cui è stato testimone ma di segnalare a chi di dovere, su intenzione solo ed esclusivamente volontaria, chi ha commesso il fatto per poi permettere alle autorità di effettuare le necessarie verifiche sul caso specifico.

Sempre secondo legge, il dipendente che ha avuto il coraggio di esporsi in prima persona e di rendere a conoscenza i responsabili dell’azienda dei comportamenti non conformi da parte di uno o più colleghi, dev’essere tutelato su più livelli garantendo a quest’ultimo non solo l’anonimato ma anche una salvaguardia dalle possibili ritorsioni.

Le figure preposte ad accogliere le segnalazioni sono per le imprese pubbliche l’ANAC o l’RPCTResponsabile della Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza-, per l’ambiente privato invece ogni azienda dovrebbe disporre di uno specifico Organo di Vigilanza che possa prendere in carico le disposizioni d’indagine relative a una segnalazione.

Come opera la consulenza whistleblowing

La consulenza di whistleblowing permette alle aziende di avere un valido supporto per mantenere alta la propria compliance ossia tutti quegli aspetti che vengono valutati nel momento in cui si fa il nome di un’azienda i quali devono soddisfare particolari requisiti di adeguatezza, moralità e soprattutto osservanza delle imposizioni di legge relative alla buona creanza nella messa a punto delle attività di cui forniscono servizio.

Spesso, in un’ottica erronea dettata dalle silenti consuetudini che portano ogni dipendente a “farsi il proprio”, i whistleblower sono visti come spioni o come dei dipendenti di troppo che tendono a non voler sottomettersi a determinati tipi di soprusi o dover sottostare a iter attuativi non conformi o illegali.

In questo caso un corpo di consulenza si preoccupa di garantire una sorta di diritto all’oblio di tutti i dipendenti denuncianti garantendo anche una salvaguardia di questi ultimi rispetto a possibili rappresaglie e procedendo anche alla valutazione stress lavoro correlato a cui sono esposti i membri del corpo lavorativo; infine, la legislazione protegge al contempo questi individui da eventuali conseguenze da attribuire una perdita dello status del proprio ruolo all’interno dell’azienda evitando di fatto che questi ultimi vengano inopportunamente licenziati o sanzionati per aver segnalato il vero.

Il whistleblower dovrebbe dunque essere assistito da possibili atteggiamenti di sopraffazione e violenza, nonché dalle minacce sia fisiche che verbali: essi infatti contribuiscono a mantenere di fatto un controllo aziendale e a fare in modo che possa essere custodito un ambiente lavorativo sereno e professionale.

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