Con l’aumentare dei sistemi di sicurezza sia all’interno delle abitazione che nei luoghi di lavoro, è cresciuta l’installazione di sistemi di videosorveglianza. Sebbene possa sembrare una situazione positiva dal punto di vista della sicurezza sul lavoro, bisogna anche tener conto delle implicazioni che sono sorte negli ultimi anni. In particolare, le nuove tecnologie possono potenzialmente porre un forte controllo sull’attività lavoratori, ma anche sulla vita privata del lavoratore divenendo, in certi casi, strumenti invasivi che vanno a comprimere la privacy del soggetto filmato.
Quando si parla di videosorveglianza sul posto di lavoro, ci si riferisce anche a due elementi essenziali: la privacy e i diritti dei lavoratori, a cui si legano le rispettive normative. L’art. 4, comma 1, L. 300/70 prevede la possibilità per il datore di lavoro di poter installare in azienda degli impianti audiovisivi, per motivi di:
- Sicurezza del patrimonio aziendale: tutelare l’azienda, al fine di evitare furti e rapine da parte dei dipendenti o da terzi;
- Organizzazione e produzione: come la verifica sul funzionamento dei macchinari presenti o per l’accesso dei clienti o soggetti vari;
- Sicurezza del lavoro: ad esempio aiutano a prevedere un soccorso tempestivo in caso di infortunio sul posto di lavoro, oppure a tenere sotto controllo l’attività nel caso il lavoratore si trovi in zone isolate ecc.
Tutto ciò significa che tali impianti di videosorveglianza non possono essere utilizzati per controllare l’attività svolta dai lavoratori oppure i luoghi adibiti alle pause pranzo. Pertanto, tali telecamere possono essere collocate all’esterno degli edifici, nei parcheggi e nelle vie di accesso o uscita, in prossimità di impianti pericolosi, attrezzatura e depositi di merce ecc.
Videosorveglianza in azienda: cosa dice la normativa
Quando si affronta il tema della protezione dei dati sensibili, la prima cosa da chiedersi, qualunque sia il contesto di riferimento, è chi sia il titolare del trattamento. Il trattamento dei dati personali mediante videosorveglianza si innesca con il principio di responsabilizzazione introdotto dal GDPR del 2016, ai sensi del quale il titolare del trattamento è responsabile delle scelte e delle azioni messe in campo (art. 5.2 GDPR) e deve darne conto a tutti i soggetti ai quali appartengono i dati trattati, nonché in determinati casi al Garante per la protezione dei dati personali e all’autorità giudiziaria.
Questo significa che ogni scelta presa ha una responsabilità. Si diventa, in sostanza, unico centro di imputazione per qualsiasi trattamento non a norma di legge. In questo caso specifico, quando si parla di installazione di sistemi di videosorveglianza all’interno delle aziende, oltre alle regole che coincidono con la tutela della privacy previste dal GDPR, vengono adottate anche delle regole a tutela del lavoratore.
L’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori pone il divieto generale del controllo a distanza dell’attività dei lavoratori. “Le norme dello Statuto dei lavoratori poste a presidio della loro riservatezza non proibiscono i cosiddetti controlli difensivi del patrimonio aziendale e non giustificano pertanto l’esistenza di un divieto probatorio”.
Videosorveglianza in azienda: la procedura
Affinché in azienda si possa procedere all’installazione delle videocamere di sorveglianza, è necessario che il datore di lavoro effettui una particolare procedura che si caratterizza di:
- Una comunicazione preventiva alla Rappresentazione Sindacale Unitaria (RSU) o alla Rappresentanza Sindacale Aziendale (RSA). Il datore dovrà far sapere il luogo e le modalità dove vorrà procedere all’installazione delle telecamere. Se manca l’accordo con i sindacati oppure in azienda non è presente una rappresentanza sindacale, il datore di lavoro potrà procedere con una richiesta alla sede territorialmente competente dell’INL (Ispettorato Nazionale del Lavoro) corredata dagli estratti del DVR, dove si attesta che gli strumenti di controllo costituiti dalla videosorveglianza è misura necessaria e adeguata per ridurre i rischi incidenti sul posto di lavoro, a tutela della salute e sicurezza dei lavoratori.
- La nomina di un addetto: egli dovrà gestire i dati registrati dall’impianto di videosorveglianza al fine di tutelare adeguatamente la privacy di tutti coloro che verranno ripresi. È bene precisare che le immagini catturate saranno conservate per un massimo di 24 ore dalla rilevazione.
- Una preventiva informazione: i lavoratori dovranno essere informati per tempo, tramite apposita segnaletica o firma di un documento.
Il mancato rispetto di queste procedure comporta l’inutilizzabilità dei filmati in un eventuale situazione di necessità, quali ad esempio il processo per licenziamento. In questi casi bisognerà produrre altre prove quali testimonianze documenti ed altro. Inoltre, la Corte di Cassazione, con sentenza n.3255/2020, ha stabilito che il datore di lavoro può decidere di utilizzare un impianto di videosorveglianza anche per reprimere comportamenti illegittimi da parte di un determinato lavoratore, soprattutto se mette a rischio il patrimonio aziendale.