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  • Quando effettuare la manutenzione degli estintori

    La manutenzione degli estintori è un passaggio molto importante da effettuare per prevenire il rischio di incendi nelle aziende, e soprattutto per avere degli strumenti funzionanti nel caso in cui ci dovesse essere la necessità di spegnere le fiamme. La manutenzione di questi strumenti è un obbligo a carico del datore di lavoro sancito da uno specifico decreto del Presidente della Repubblica e da un Decreto Ministeriale, e deve seguire una normativa specifica di riferimento, che andremo a descrivere in questo articolo.

    Chi effettua la manutenzione degli estintori?

    La normativa che regola la manutenzione degli estintori, operazione effettuata anche da NET srl, specifica anche le figure che l’azienda deve nominare a riguardo, e in particolare si tratta di un responsabile delle misure di sicurezza antiincendio, di un’azienda di manutenzione estintori, e di una persona formata appositamente per la manutenzione antiincendio.

    La manutenzione periodica degli estintori

    Secondo la normativa vigente nel nostro Paese, la manutenzione periodica degli estintori deve essere effettuata ogni 6 mesi, e si tratta di un’operazione che si suddivide in cinque fasi. Tutte queste misure hanno due scopi principali, che sono sia quello di prevenire l’insorgere di un incendio, sia quello di garantire l’incolumità delle persone e ridurre al minimo i danni materiali in caso di incendio all’interno degli ambienti di lavoro. Dunque, prima ancora di pensare alla manutenzione dell’estintore, bisogna assicurarsi di scegliere lo strumento adatto alla classe di rischio dell’azienda, che si calcola in base alla valutazione del rischio relativo al DM 64/98.

    Esistono infatti diversi tipi di incendio con diversi agenti estinguenti, e questi ultimi vanno scelti in base alla classe di rischio identificata, e la dimensione dell’estintore va scelta in base alla superficie che questo deve essere in grado di coprire in caso di incendio. In base a tutte queste variabili, chiaramente, varieranno sia il prezzo dell’estintore stesso che il prezzo della manutenzione, e come vedremo nei prossimi paragrafi saranno anche necessarie tempistiche diverse per la revisione periodica dello strumento.

    La prima fase è quella del controllo iniziale, in cui l’azienda si occupa di realizzare una serie di accertamenti dello strumento, e in particolare che questo non sia fuori servizio, che le marcature presenti siano corrette, e che il libretto di istruzioni sia disponibile.

    La seconda fase, che in realtà va effettuata costantemente, riguarda la sorveglianza, che non ha delle tempistiche e delle modalità precise definite dalla normativa, ma si tratta piuttosto di una buona norma, che prevede di controllare periodicamente che l’estintore sia integro, segnalato tramite l’apposito cartello e che non sia stato manomesso, che possa essere immediatamente utilizzato in caso di emergenza e che l’indicatore della pressione del contenuto si trovi nel range di colore verde, che indica un valore corretto per il funzionamento dello strumento.

    La fase del controllo periodico vero e proprio è quella regolamentata dalla legge, che per l’appunto deve essere effettuata ogni sei mesi da una persona competente e appositamente formata, la quale dovrà svolgere una serie di controlli e alla fine compilare correttamente il cartellino che indica l’avvenuta compilazione. Tra i vari controlli che devono essere effettuati, troviamo la verifica della carica di eventuali bombole di gas ausiliario, dello stato di carica degli estintori a biossido di carbonio, della pressione interna degli strumenti, e di tutti gli elementi che si considerano generalmente durante la fase di sorveglianza.

    La quarta fase è quella della revisione e dell’assistenza, che va effettuata secondo tempistiche precise in base alla tipologia degli estintori presi in esame, e prevede una serie di interventi tecnici. Durante questa fase, la persona incaricata dovrà esaminare l’interno dell’estintore, controllarne tutte le componenti, sostituire i dispositivi di sicurezza, e sostituire l’agente estinguente, le valvole e le guarnizioni.

    L’ultima fase è quella del collaudo, con cui si va a verificare che lo strumento funzioni correttamente e sia efficace in caso di emergenza. Chiaramente, dopo essere stato collaudato l’estintore verrà ricaricato, verrà sostituita la valvola erogatrice e verrà dunque riportato al livello massimo di efficienza, in modo tale che possa essere subito disponibile per l’utilizzo.

    Quanto costa la manutenzione degli estintori?

    Il costo della manutenzione degli estintori non è sempre lo stesso, ma varia a seconda della zona e degli interventi che vanno effettuati. In linea generale, nel caso sia necessario solamente effettuare un controllo in prezzo si aggira attorno ai 10€ per ogni singola componente, mentre se è necessaria una revisione dello strumento, i costi possono andare dai 20€ fino ai 150€ o 160€.

    Quindi, una volta effettuati tutti i controlli del caso l’azienda certificatrice rilascerà una certificazione con tutti gli interventi eseguiti, che verrà periodicamente aggiornata ogni volta che verranno eseguiti tutti i controlli necessari alla manutenzione periodica degli estintori.

  • Le basi della sicurezza sul lavoro in un cantiere

    La sicurezza sul lavoro, in primo luogo, è l’insieme delle misure di prevenzione e protezione che il datore di lavoro adotta, con l’obiettivo di evitare o ridurre al minimo l’esposizione dei lavoratori ai rischi connessi all’attività lavorativa. La corretta valutazione dei rischi va fatta attraverso Piani Generali di Sicurezza (PSG) che il datore di lavoro deve redigere con l’ausilio di professionisti, come net srl, mentre permane in capo al datore di lavoro anche l’obbligo della formazione alla sicurezza dei propri collaboratori.

    L’obiettivo finale è quello di eliminare o ridurre la possibilità che si verifichino infortuni e sorgano malattie professionali che possono danneggiare la salute dei lavoratori. Ciò vale anche e soprattutto nei cantieri, luoghi nei quali gli infortuni, purtroppo, si verificano spesso e non sempre i lavoratori sono adeguatamente formati e utilizzano correttamente i dispositivi di protezione individuali come scarpe anti-infortunistiche, caschetto e guanti.

    Le norme e i decreti sulla sicurezza

    Anche per i cantieri, l’insieme di leggi cui fare riferimento in materia di sicurezza sul lavoro, è il Decreto Legislativo datato 9 aprile 2008, numero 81, che ha abrogato la precedente legge 626, risalente al 1994, diventando il testo unico di riferimento in materia. Il Dlgs 81/2008 ha assorbito anche normative di settore, come il Decreto Legislativo 494/96, specifico per la sicurezza nei cantieri edili. Tale norma, dunque, ha accorpato tutte le precedenti regole in materia, imponendo precisi obblighi al datore di lavoro.

    E’ infatti, Il Datore di lavoro il perno centrale della sicurezza sul lavoro, il quale deve avvalersi della collaborazione del Medico di medicina del lavoro, di un Responsabile per la salute e la sicurezza dei lavoratori, del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. Tutte queste figure formano il Servizio di Previsione e Prevenzione, il quale deve individuare e analizzare i rischi all’interno del luogo di lavoro (la propria azienda), sia per quanto riguarda l’ambiente di lavoro, sia le lavorazioni ed i macchinari utilizzati, sia l’interazione delle persone all’interno dell’impresa, adottando adeguate misure di prevenzione e protezione, individuali e collettive, a tutela dei propri lavoratori.

    La sicurezza nel cantiere

    Entrando nello specifico di un cantiere, soprattutto di un cantiere per la realizzazione o la ristrutturazione di un immobile, anche senza essere esperti di sicurezza sul lavoro abbiamo la percezione di un ambiente potenzialmente molto pericoloso. Ed infatti, il testo unico del 2008 definisce un cantiere come “cantiere temporaneo o mobile” a chiarire che si tratta di uno specifico ambiente di lavoro, in costante evoluzione, come lo sono le varie fasi di costruzione o ristrutturazione. Di conseguenza, rischi e pericoli per i lavoratori possono essere diversi a seconda della fase in cui ci si trova in cantiere.

    In particolare dobbiamo distinguere i rischi per la salute da quelli sulla sicurezza. Con rischi per la sicurezza, il legislatore italiano intende rischi legati al possibile accadimento di un incidente, cioè un evento violento e limitato nel tempo che porta un danno fisico al lavoratore, con effetto di renderlo inabile temporaneamente, in maniera permanente, oppure portare alla morte. E’ quello che si chiama infortunio sul lavoro. I principali rischi per la sicurezza che i Piani Generali di Sicurezza (PSG) debbono prevedere sono molteplici. Abbiamo il rischio da seppellimento, durante le operazioni di scavo, se lo scavo è ristretto e supera la profondità di un metro; il rischio da ribaltamento e schiacciamento, utilizzando macchine movimento terra; il rischio di cadute dei lavoratori dall’alto, per qualsiasi attività lavorativa svolta ad altezza superiore ai 2 metri senza adeguate protezioni; i rischi di lesioni alla testa per contusioni contro oggetti sporgenti o caduta di materiali dall’alto; i rischi da schiacciamento, più o meno gravi, in relazione a dimensioni e peso del carico, nonché alla parte del corpo lesionata; il rischio da elettrocuzione e folgorazione, utilizzando apparecchiature elettriche guaste, se c’è acqua e mani bagnate o per contatto con elementi e cavi in tensione; i rischi da proiezioni di materiali e schegge o il rischio di taglio nell’utilizzo di determinate attrezzature di lavoro. Accanto ai rischi per la sicurezza non vanno dimenticati i rischi per la salute, che sono causati dall’esposizione più o meno prolungata ad agenti fisici, biologici, chimici, oppure dovuti alla movimentazione manuale di carichi per un tempo prolungato.

    Tali rischi possono causare ai lavoratori l’insorgere di malattie professionali in modo lento, graduale e progressivo, involontario e dovuto al lavoro. In un cantiere, perciò, consideriamo rischi per la salute quelli connessi, ad esempio, al rumore delle proprie attrezzature di lavoro o di attività di altre aziende presenti in cantiere; i rischi da vibrazioni meccaniche al sistema mano-braccio a causa del prolungato uso di attrezzature elettriche manuali (demolitori, trapani, eccetera) o di macchinari; i rischi connessi alla movimentazione manuale dei carichi, come i materiali da costruzione. Il datore di lavoro dovrà individuare i rischi aziendali attraverso la corretta valutazione dei rischi che sarà contenuta nel Documento sulla valutazione dei rischi, base che servirà per redigere i Piani Generali di Sicurezza (PSG). E’ fondamentale, perciò, rivolgersi ad esperti in sicurezza che abbiano ampia esperienza in materia, come i consulenti net srl.

  • Perchè si dovrebbe insegnare la sicurezza sul lavoro nelle scuole

    Gli infortuni sul lavoro sono una piaga che ha dei costi altissimi per la società e lo Stato. Non solo dal punto di vista umano, ma anche economico. Spesso un infortunio sul lavoro significa, oltre che rovinare la salute di un essere umano e la sua capacità di generare reddito, anche spese mediche a carico dello Stato, fermo della produzione, immagine negativa per l’azienda. Ecco perché la Salute e Sicurezza sul lavoro a Torino è soprattutto prevenzione. E prevedere i rischi per evitare i guai è proprio il senso dei Piani Generali di Sicurezza (PSG) che i datori di lavoro sono obbligati a formulare, naturalmente con l’assistenza di esperti di Salute e Sicurezza sul lavoro a Torino.

    Ma ciò non basta, se i lavoratori non ricevono un’adeguata formazione alla sicurezza. Anche questo è un obbligo dei datori di lavoro. Sappiamo, tuttavia, quanto sia faticoso insegnare ad un adulto, perché le persone di una certa età e con già una discreta esperienza nel mondo del lavoro hanno ormai acquisito delle certezze e delle abitudini, che le inducono, dinnanzi a un rischio lavorativo, a dare sempre la stessa risposta, col risultato di adottare, in molti casi, comportamenti sbagliati.

    Già questo motivo sarebbe sufficiente per indurre a pensare che la sicurezza sul lavoro vada data anche ai bambini e ai giovani, in età scolastica, che tali certezze non le hanno e impostare un cambiamento di mentalità, che porti a considerare la sicurezza sul lavoro non più un fastidio, ma una parte importante della propria cultura del lavoro. Ma esiste la possibilità che la Salute e Sicurezza sul lavoro a Torino venga insegnata anche nelle scuole? Come vedremo in questo articolo, la risposta alla domanda è affermativa.

    Salute e sicurezza sul lavoro a scuola

    L’articolo 11 comma 1, lettera c) del testo unico sulla salute e sicurezza dei lavoratori e dei luoghi di lavoro, cioè il Decreto Legislativo 81/08 prevede il “finanziamento delle attività degli istituti scolastici, universitari e di formazione professionale finalizzata all’inserimento in ogni attività scolastica ed universitaria, nelle istituzioni dell’alta formazione artistica e coreutica e nei percorsi di istruzione e formazione professionale di specifici percorsi formativi interdisciplinari alle diverse materie scolastiche volti a favorire la conoscenza delle tematiche della salute e della sicurezza nel rispetto delle autonomie didattiche”.

    In sostanza, la sicurezza sul lavoro può entrare nelle scuole di ogni ordine e grado. Ed in effetti, nella formazione professionale vi sono espressamente ore dedicate alla sicurezza. Questo argomento è importante, anche perché con l’introduzione dell’alternanza scuola-lavoro, cioè un periodo di tempo nel quale lo studente, a partire dai 16 anni, può formarsi in un’azienda pur rimanendo nel percorso scolastico rende ancora più urgente introdurre questa materia nelle scuole fin dall’istruzione elementare. Non dimentichiamoci che secondo le statistiche di Eurostat, sempre più giovani sono a rischio incidenti sul lavoro.

    Non è solo questione di formazione per il futuro ma anche di un presente stringente e per certi versi drammatico. All’interno degli edifici scolastici, infatti, secondo dati dell’Inail, la media annua di infortuni durante le ore di lezione è di circa 89.000 alunni. Non solo, ma le statistiche ci dicono anche che i lavoratori più giovani sono quelli più soggetti a infortuni sul luogo di lavoro rispetto ai colleghi più anziani e con maggiore esperienza, anche di corsi di sicurezza e di aggiornamento sulla sicurezza. I fattori che contribuiscono a questo primato sono diversi.

    La minore conoscenza dell’ambiente di lavoro e dei rischi correlati ad esso, nonché la minore esperienza nello svolgimento dell’attività lavorativa e nell’utilizzo delle attrezzature e dei macchinari che richiedono specifiche competenze, svolgimento di lavori fisicamente più pesanti e così via.

    Salute e sicurezza sul lavoro a scuola: qualche proposta

    Conosciamo il problema e sappiamo che è necessario introdurre nelle scuole o potenziare corsi e momenti dedicati alla sicurezza sul lavoro. Resta da capire come trasmettere alle giovani generazioni le tematiche relative alla Salute e Sicurezza sul lavoro a Torino. Un approccio efficace per ogni materia, ma a maggior ragione per quanto riguarda la sicurezza, è quello che garantisce una partecipazione attiva sia degli studenti sia degli insegnanti, coinvolgendo indirettamente anche i genitori.

    A questo proposito, gli esperti di Net Srl per  Salute e Sicurezza sul lavoro a Torino sottolineano come si potrebbero ottenere risultati soddisfacenti con un insegnamento basato su casi di vita reale, con esempi vicini alla vita quotidiana degli studenti, coinvolgendoli, ad esempio, nella gestione della sicurezza del proprio Istituto. Esistono strumenti didattici innovativi, a tal proposito, che possono essere sfruttati anche in questo ambito, come i quiz online, le varie App didattiche e così via.

    Indubbiamente un serio incentivo per gli studenti sarebbe l’inserimento della materia tra quelle riportate nella pagella, con tanto di valutazione legata anche all’acquisizione dei crediti formativi previsti dal periodo di alternanza scuola lavoro. Una parte fondamentale, infine, riguarda gli insegnanti cui va data un’adeguata preparazione a trasmettere la materia. Come lavoratori, infatti, sono tenuti a seguire corsi di aggiornamento sulla sicurezza e dunque sono direttamente coinvolti nella tematica: dovrebbero essere formati anche a trasmettere i contenuti relativi alla sicurezza anche ai loro alunni.

  • Cosa fa un RSPP Esterno a Torino

    La salute e la sicurezza dei lavoratori non sono solo argomento di dibattito, ma riguardano dei veri e propri obblighi in capo ai datori di lavoro da parte della legislazione italiana, vale a dire il Testo Unico (T.U.) sulla Salute e Sicurezza sul Lavoro, Decreto Legislativo. 81/08. In particolare, il sistema di norme che tutelano chi accede ai luoghi di lavoro prevede un sistema di analisi e valutazione dei rischi e di conseguenti azioni di prevenzione, definendo ruoli e responsabilità in maniera precisa all’interno dell’organigramma e aziendale. Ci occuperemo di una delle figure più importanti in questo senso, cioè il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (in sigla RSPP), cercando di capire cosa fa e se è possibile nell’ambito di una consulenza esterna.

    RSPP Esterno a Torino chi è?

    Il ruolo di Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) è previsto per chi gestisce il sistema della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro all’interno dell’organigramma aziendale. Questa funzione e la nomina del relativo responsabile, è uno degli obblighi non delegabili del Datore di Lavoro. Il RSPP Esterno a Torino, infatti, è il principale referente per quanto riguarda tutte le decisioni di sicurezza sul lavoro. La nomina del responsabile della sicurezza può riguardare anche un consulente esterno all’azienda, purché sia qualificato, e solo nel caso in cui non vi siano in organico dipendenti e/o collaboratori in possesso dei requisiti obbligatori per questo delicato ruolo.

    Il Datore di Lavoro (DDL) e il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza(RLS) devono interagire: la nomina, infatti, avviene dopo aver sentito il parere dell’RLS, il quale poi dovrà interagire con l’RSPP. La presenza di un RSPP è obbligatoria in ogni azienda con almeno un dipendente.

    Una volta scelto l’RSSP, il datore di lavoro mantiene ancora degli obblighi agli occhi della legge: la supervisione dell’operato dell’RSSP; la corretta valutazione dei rischi; le misure adottate per prevenirli.

    RSPP esterno e interno: che differenze ci sono?

    Il RSPP interno non necessariamente è un dipendente. Il D.Lgs. 81/08, infatti, afferma che “il RSPP deve essere una persona esperta e in possesso di capacità e requisiti specifici per la salvaguardia e il mantenimento della salute e della sicurezza dei luoghi di lavoro che gestisce”. Per essere considerato interno deve assicurare presenza adeguata in azienda per lo svolgimento delle attività di responsabilità che lo riguardano, e conoscere adeguatamente l’impresa. All’interno di realtà medio piccole come quelle italiane, risulta molto difficile trovare professionalità del genere. Così il testo unico per la sicurezza e la salute dei lavoratori, prevede la possibilità di nominare una figura esterna, che sia esperta, cioè competente, affidabile e disponibile ad assumersi l’incarico di consulente RSPP Esterno a Torino.

    L’articolo 32 del già citato D. Lgs. 81 del 2008 definisce i requisiti che devono essere valutati dal datore di lavoro nella scelta dell’RSPP: egli deve avere un’adeguata conoscenza dell’effettiva natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro legati anche alle attività lavorative concretamente svolte. Ciò per dare una adeguata valutazione dei rischi. Perciò l’RSPP deve avere un titolo di studio non inferiore al diploma di scuola secondaria; un attestato di frequenza che dimostri la partecipazione a corsi di formazione sulla sicurezza sul lavoro aggiornati ogni cinque anni secondo la norma vigente.

    Il RSPP Esterno a Torino risponde direttamente al Datore di Lavoro. Come esperto di salute e sicurezza dei luoghi di lavoro, deve supportare il datore di lavoro a definire in modo corretto il sistema di gestione della sicurezza aziendale, adattandolo alle esigenze specifiche di ogni caso aziendale. E’ molto importante capire il funzionamento dell’impresa per individuare i possibili rischi e mettere in campo le necessarie misure di sicurezza, dotando i lavoratori dei corretti dispositivi di protezione individuali, nonché il luogo di lavoro dei dispositivi di protezione collettivi. L’incarico di RSPP esterno, infine, può essere occupato solo dopo aver frequentato un corso di formazione della durata di oltre cento ore.

    Quando si sceglie un consulente esterno, dunque, la maggiore esperienza maturata in vari settori è importante per poter garantire un’effettiva qualità all’incarico. E’ necessario perciò affidarsi a chi può avere questa esperienza in concreto, dato che la responsabilità del datore di lavoro è di scegliere una persona affidabile, che ha un ruolo di responsabilità non indifferente in azienda. Occorre quindi pensare a professionisti qualificati come net srl che ha supportato numerose aziende italiane nell’adeguamento al rispetto della normativa del testo unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Una società di consulenza, con la propria attività, permette un effettivo miglioramento degli ambienti in cui si svolgono le attività dei lavoratori. Ed un datore di lavoro che fa la scelta giusta, garantisce il rispetto della salute e sicurezza non solo dei propri dipendenti e collaboratori, ma anche di fornitori, partner e di chiunque per un motivo o per l’altro accede ai locali aziendali

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  • Aggiornamento covid: come sono cambiate le cose dopo il 1° maggio

    La salute e la sicurezza sul lavoro sono importantissimi e sono obblighi specifici e precisi per il datore di lavoro. Come sappiamo, ogni datore deve avere Piani Generali di Sicurezza (PSG) spesso affidati a consulenti, nei quali devono essere rispettati gli obblighi di legge ma anche previste tutte le azioni per evitare il verificarsi di danni alla salute dei lavoratori. La pandemia da Covid ha rimesso in discussione, introducendo regole nuove, come l’obbligo di mascherina e distanziamento, di sanificazione dei luoghi di lavoro, di Green pass per poter accedere al luogo di lavoro. Dall’1 maggio, con l’allentarsi dell’emergenza e un graduale ritorno alla normalità, le regole sono cambiate di nuovo diventando meno restrittive. Con questo articolo cercheremo di fare il punto della situazione.

    Addio Greenpass

    Cominciamo dall’obbligo di possedere il certificato verde a seguito di tampone negativo o di vaccinazione o di guarigione, importante disposizione relativa alla Salute e Sicurezza sul lavoro a Torino. Non cessa di esistere, ma non sarà più richiesto per chi si reca nel luogo di lavoro. Non solo, ma dall’1 maggio, per accedere a tutti quei luoghi dove il Greenpass è stato obbligatorio, nella sua versione “base” o “rafforzata”, ne cessa l’uso anche per i clienti e i fornitori. Dunque le imprese potranno ricevere le persone e fare affari senza più dover prima verificare il possesso della certificazione verde a chi entra nei locali aziendali. Vale non solo per i dipendenti, ma anche per i collaboratori e per chi per qualsiasi motivo legale debba stare nei luoghi di lavoro (come le imprese di pulizie). Stessa regola per quei tipi di imprese come bar e ristoranti al chiuso, palestre e piscine al chiuso, che hanno una clientela numerosa.

    Anche sui mezzi di trasporto come aerei, treni, traghetti e pullman intra-regionali non ci sarà bisogno di certificazione verde. Ma anche per feste e cerimonie, convegni e congressi aziendali, che stanno tornando ad essere organizzati. Le regole meno severe si applicano infine al settore del divertimento come discoteche e sale da gioco, cinema, teatri, concerti.

    Ci sono eccezioni all’abolizione della richiesta di avere il green pass? Rimane l’obbligo per effettuare visite in ospedale e nelle Rsa, dove sarà ancora necessario esibire il super green pass fino al 31 dicembre. Attenzione però per quei dipendenti che devono recarsi all’estero. Naturalmente le regole cambiano a seconda dei Paesi di destinazione. Nella sua forma base, tuttavia, (guarigione, vaccinazione, tampone negativo) il green pass continuerà ad essere necessario nei 27 stati membri dell’Unione europea. Per chi ha clienti esteri che intendono entrare in Italia o per chi rientra dall’estero, sino al 31 maggio, un’ordinanza del ministero della salute ha prorogato tali misure: dunque si può mettere piede nel nostro Paese solo se in possesso del certificato verde base.

    Uso delle mascherine

    Un’altra disposizione di Salute e Sicurezza sul lavoro a Torino riguarda l’uso delle mascherine. Nei luoghi di lavoro, pubblici e privati – tranne ospedali e Residenze sanitarie assistenziali, o Rsa – non è stato prorogato dal Governo l’obbligo di utilizzo delle mascherine. Tali dispositivi di protezione individuali, dunque, possono essere solo raccomandati dai datori di lavoro. Nel settore privato, se ritenuto opportuno, comunque, saranno i datori stessi, d’accordo coi loro consulenti per la sicurezza, a decidere di mantenere i protocolli vigenti che prevedono l’obbligatorietà di questi dispositivi di protezione.

    A questo punto vale la pena di conoscere le regole in uso per gli uffici pubblici, così da capire se la propria impresa debba cambiare atteggiamento nei confronti dell’uso delle mascherine oppure no. Per quanto riguarda le mascherine FFP2 negli uffici pubblici per il personale a contatto con il pubblico sprovvisto di idonee barriere protettive, ne è raccomandato l’uso. Stessa regola per chi è in fila a mensa o in altri spazi comuni, per chi condivide la stanza con personale “fragile”, negli ascensori e nei casi in cui gli spazi non possano escludere affollamenti. Dunque per analogia è bene che anche l’impresa privata, se si trova in una di queste condizioni, adotti lo stesso atteggiamento prudenziale.

    Per quanto riguarda invece un vero e proprio obbligo di mascherine al chiuso, esso è stato prorogato fino al 15 giugno solo in alcuni ambiti: mezzi di trasporto, cinema, teatri, ospedali e scuole. Dunque i lavoratori di questi settori dovranno continuare ad indossare le mascherine, così come gli utenti. In tutti gli altri luoghi chiusi pubblici oppure aperti al pubblico resta solo la raccomandazione di indossare tali dispositivi di protezione individuale. Queste le principali regole. Rimane dunque in capo al datore di lavoro la responsabilità di adeguare l’impresa ed informare in modo completo e corretto i propri dipendenti, ma anche chi accede ai locali aziendali. In questo senso, un ottimo consulente per la Salute e Sicurezza sul lavoro a Torino saprà fornire le giuste risposte con professionalità, come net srl .

  • Sicurezza sul lavoro in Smartworking

    Con l’avvento della pandemia covid, aldilà di tutte le orribili conseguenze che ha avuto sulla nostra vita, si sono anche scoperte tanti nuovi modi di poter portare avanti la nostra vita lavorativa, senza però rinunciare alla sicurezza e alla tranquillità della nostra casa. Questo è proprio il caso dello smartworking, o lavoro agile o ancora lavoro intelligente, una pratica che si è diffusa in modo capillare negli ultimi due anni e che in molti casi continuerà a rimanere anche negli anni a venire.

    Questo nuovo modo di lavorare, ripensa al concetto di ufficio e sfrutta al meglio tutte le tecnologie a nostra disposizione. Perchè svegliarsi ogni mattina presto, prendere l’auto o i mezzi pubblici, muoverci per chilometri (spesso anche decine), per fare un lavoro che possiamo fare comodamente dalla scrivania nella nostra camera? Così tanti lavori sono cambiati e si sono ottimizzati, creando team più coesi nonostante la distanza e impiegati più felici di lavorare per aziende smart, intelligenti e al passo con i tempi.

    Lavorare in smartworking presenta dunque tantissimi vantaggi per il lavoratore:

    • Meno tempo perso nei trasporti;
    • Più tempo per la famiglia e le proprie passioni;
    • Stile di vita più rilassato;
    • Stress ridotto;
    • Più sicurezza;

    D’altro canto anche le aziende che sanno sfruttare al meglio questa nuova opzione possono godere di tantissimi vantaggi pratici:

    • Dipendenti più felici e più produttivi;
    • Meno costi di gestione per elettronica, computer, accessori;
    • Meno costi per le strutture, interi affitti di spazi possono essere risparmiati grazie allo smartworking.

    In definitiva questo nuovo modo di lavorare rende felici tantissime realtà sul nostro territorio. Tuttavia, sebbene lavorare da casa sia sicuramente molto più comodo e sicuro, questo non lo rende esente da pericoli di diverso tipo e di diversa natura. Lo scorso dicembre 2021 infatti diversi enti sindacali di tutto il territorio nazionale si sono riuniti per sottoscrivere quello che è stato definito il Protocollo Nazionale sul lavoro in modalità agile. Questo particolare protocollo si dirama per diversi punti chiave: adesione volontaria, accordo individuale, disconnessione, luogo e strumenti di lavoro, parti opportunità, ma soprattutto per quanto ci riguarda sicurezza, infortuni, salute e malattie professionali.

    Noi di Net Srl abbiamo in questi ultimi mesi esaminato con cura tutte le disposizioni che le aziende devono seguire, dunque andiamo ad analizzarle per te e insieme a te.

    Sicurezza sul lavoro e infortuni in smartworking: cosa dice il protocollo

    Il Protocollo Nazionale sul lavoro in modalità agile si sofferma in modo dettagliato nei suoi articoli sei e sette proprio sulla tematica che più ci sta a cuore, ovvero quello delle salute e sicurezza sul luogo di lavoro.

    Il protocollo infatti stabilisce che per i lavoratori in smartworking si va ad applica la normativa che disciplina tutte quelle prestazioni lavorative rese al di fuori dei locali di impertinenza dell’azienda. In particolare il datore di lavoro o proprietario dell’azienda deve garantire la salute e la sicurezza del proprio lavoratore che svolge la sua attività lavorativa in modalità agile, dunque in smartworking. Per far ciò fornisce immediatamente al lavoratore in oggetto e al rappresentate dei lavoratori per la sicurezza in azienda, un’informativa nella quale vanno ed essere individuati tutti i rischi connessi alla particolare modalità di lavoro.

    Dunque in breve anche chi lavora in modalità di smartworking ha diritto a tutte le tutele che sussistono anche per chi lavora direttamente in ufficio. Questo ovviamente richiede anche la collaborazione dello stesso lavoratore che si impegna a rispettare tutte le direttive date in tema di sicurezza e salute sul luogo di lavoro.

    I lavori particolarmente sedentari, come appunto quelli di ufficio, sono soggetti a tantissimi rischi e conseguenze sulla propria salute: basti pensare ai problemi di peso e alle conseguenze che questi possono avere sul resto del corpo. Viene da sé che fare questo lavoro a casa o in ufficio fa ben poca differenza, per cui anche un lavoratore agile deve essere tutelato contro questo tipo di problematiche.

    Aggiungiamo inoltre che tutto il lavoro effettuato in modalità di smart working “deve essere svolto solamente in ambienti idonei, ai sensi della normativa vigente in tema di salute e sicurezza e per ragione dell’esigenza di riservatezza dei dati trattati”.

    Copertura in caso di incidenti: cosa dice il protocollo

    Il lavoratore che vive in stato di smart working la propria professione ha dunque diritto a tutte le tutele del caso, tra cui una copertura in caso di infortuni o malattie professionali dipendenti dai rischi del mestieri. Il datore di lavoro dunque deve garantire anche a questi lavoratori la corretta copertura assicurativa INAIL contro i tipi di infortuni legati alla propria specifica mansione.

    Questo include dunque anche tutti coloro che lavorano al computer, spesso menzionati nelle normative come videoterminali, esposti come detto a diverse problematiche e malattie derivanti da uno stile di vita sedentario. Noi di Net Srl siamo sempre pronti ad assisterti con consulenze e aiuti pratici.

  • DVR: cosa è e chi deve firmarlo?

    Tra i tanti obblighi del datore di lavoro, che non in alcun modo delegabili, c’è anche al cosiddetta valutazione di tutti i rischi presenti sul proprio luogo di lavoro, per sé e soprattutto per i propri dipendenti. Dopo questa valutazione è poi obbligatorio elaborare il cosiddetto documento di valutazione dei rischi.

    Valutazione del rischio: cos’è?

    La valutazione dei rischi è uno studio documentato e globale di tutti i rischi che sussistono sul luogo di lavoro per la salute e la sicurezza di tutti i dipendenti presenti sul luogo di lavoro. Questa valutazione è finalizzata ad individuare tutti i rischi presenti nelle aree di competenza dei lavoratori, ma non serve solo a questo. Infatti lo scopo ultimo è quello di andare ad individuare tutte le necessarie misure di prevenzione e protezione e a creare un programma completo e puntuale delle misure, di modo da garantire a chiunque lavori all’interno dell’azienda il massimo della protezione e sicurezza possibile.

    Come dunque previsto dall’articolo 28 del D.Lgs. 81/08 e smi, questa valutazione dei rischi presenti sul luogo di lavoro, anche dunque la scelta delle attrezzatura specifiche per il singolo compito o delle sostanze chimiche impegnate, nonché dell’organizzazione e sistemazione dei luoghi di lavoro, deve riguardare tutti quanti i rischi per la nostra sicurezza di lavoratori, ma anche la nostra salute. In questo sono compresi tutti quei gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari e magari non immediati, come ad esempio i rischi per la salute che conseguono da un lavoro particolarmente stressante o fatico. Ma anche le lavoratrici in stato di gravidanza, oppure tutti quelli che potrebbero avere delle difficoltà a causa del genere, dell’età, oppure per via del paese di provenienza. Questa è una materia ben nota allo staff di Net Srl che da anni si impegna per aiutare e favorire i propri clienti in questo ambito.

    Chi deve effettuare la valutazione dei rischi

    Spesso nasce confusione su chi debba effettivamente effettuare la valutazione dei rischi sul luogo di lavoro. In realtà le normative in ambito sono abbastanza chiare e determinato che il datore di lavoro ha l’obbligo di creare una valutazione dei rischi in formato scritto, di modo che sia sempre accessibile e consultabile. Questo documento sarà dunque denominato documento di valutazione dei rischi, o abbreviato semplicemente in DVR.

    Quando si rende obbligatoria la redazione del DVR

    Senza perdersi in troppi giri di parole burocratiche, il DVR o documento di valutazione dei rischi è obbligatorio per tutte le aziende che hanno almeno un lavoratore nel proprio organico. Questo è completamente indipendente dal settore di competenza dell’azienda, dal suo fatturato o da altre questioni tecniche irrilevanti ai fini del DVR. In particolare, per lavoratore, il Testo Unico intende una persona che, indipendentemente dal contratto stabilito, svolge per un datore pubblico o privato un lavoro.

    Questo lavoro non deve necessariamente essere retribuito e conta come lavoro anche chi lo segue per il mero interesse di “”apprendere un mestiere””, un arte o comunque una professione che si può apprendere in modo più efficace esclusivamente sul campo.

    Nel caso dunque il datore di lavoro vada a costituire una nuova impresa o realtà imprenditoriale, costui sarà tenuto obbligatoriamente ad effettuare quanto prima possibile e in modo preciso e puntuale una valutazione dei rischi, con la successiva redazione dell’ormai ben noto documento di valutazione dei rischi o DVR.

    Documento di valutazione dei rischi: cosa contiene al suo interno?

    Abbiamo dunque visto quanto sia importante e quando è obbligatorio redigere un documento di valutazione dei rischi. Per riepilogare lo deve fare chiunque abbia almeno un dipendente, se ad esempio hai un impresa individuale, dunque con solo te stesso nell’ufficio, questo non sarà necessario.

    Detto questo andiamo a vedere nella pratica cosa è previsto sia contenuto nel documento di valutazione dei rischi, cosa c’è effettivamente scritto tra le sue pagine. Il DVR dovrà dunque contenere:

    • Un relazione completa sulla valutazione effettuata di tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori nella propria azienda, specificando inoltre quali sono stati i criteri utilizzati nella valutazione dei rischi;
    • Una spiegazione di tutte le misure di prevenzione e protezione che sono seguite alla valutazione dei rischi per migliorare la sicurezza del personale;
    • Un dettagliato programma delle misure che saranno implementate e cose sono ritenute indispensabili per un corretto lavoro al sicuro e in salute;
    • L’individuazione di tutte le procedure necessarie per attuare le misure necessarie, a cui aggiungere anche i ruoli che nell’organizzazione aziendale saranno chiamati a svolgere questo lavoro di attuazione delle procedure;
    • L’individuazione si un responsabile al servizio di prevenzione e protezione all’interno dell’azienda, del rappresentate dei lavoratori per la sicurezza e del medico competente che ha partecipato alla valutazione dei rischi;
    • Infine l’individuazione delle mansioni che eventualmente espongono i lavoratori a rischi specifici che richiedono una riconosciuta capacità professionale, specifica esperienza, adeguata formazione e addestramento.
  • Cosa succede se ti fai male al lavoro?

    Quando capita di farsi male sul posto di lavoro, ci sono diversi fattori da tenere in considerazione per capire se si tratta di un vero e proprio infortunio sul lavoro, ed in base alla normativa vigente ci saranno diverse procedure da compiere per accertare la responsabilità e un eventuale diritto ad un risarcimento.

    In questo articolo, in qualità di esperti sulla sicurezza sul lavoro, cercheremo di fare chiarezza su come comportarsi in caso ci si faccia male al lavoro, analizzando la normativa che regola gli infortuni sul lavoro e i casi in cui è previsto un risarcimento.

    Cosa prevede la legge riguardo gli infortuni sul lavoro

    In Italia a regolare gli infortuni sul lavoro è il Decreto del Presidente della Repubblica n.1124 del 30 giugno 1964, anche chiamato Testo Unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Innanzitutto, questo testo va a differenziare l’infortunio sul lavoro dall’indennità di malattia non direttamente collegata all’ambiente di lavoro e alle attività lavorative.

    Infatti, si parla di infortunio sul lavoro quando si ha un evento traumatico che porta a lesioni o morte del lavoratore, che ha una causa violenta e si collega direttamente all’attività lavorativa, e comporta un’inabilità al lavoro superiore ai 3 giorni. In questo caso, l’assicurazione obbligatoria andrà a coprire tutte le spese per le prestazioni sanitarie e l’eventuale acquisto di apparecchiature specifiche necessarie alla completa guarigione del lavoratore. Inoltre, l’assicurazione obbligatoria prevede anche un indennizzo, che avrà un importo direttamente proporzionale alla gravità delle conseguenze dell’infortunio.

    Va anche considerato che si configura come infortunio sul lavoro un incidente che accade, ad esempio, nel tragitto da casa al luogo di lavoro, o viceversa, poiché anche in questo caso esiste un rapporto diretto tra l’evento traumatico e lo svolgimento dell’attività lavorativa. Riguardo a quest’ultima tipologia di infortunio, va specificato che rientrano in questa casistica anche gli incidenti che avvengono quando da un posto di lavoro ci si sta recando in un luogo in cui si svolge un secondo lavoro, quelli che accadono quando ci si sta recando a consumare il pranzo, e sia se ci si sta muovendo con un mezzo privato che con un mezzo pubblico.

    Responsabilità, retribuzione e risarcimento per un infortunio sul lavoro

    Da ciò che abbiamo detto nel paragrafo precedente, possiamo dunque evincere che un lavoratore regolarmente assunto è coperto da un’assicurazione che fa capo all’INAIL, l’Istituto Nazionale Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro, che va a riconoscere un indennizzo al lavoratore qualora siano presenti i requisiti per avviare la procedura.

    Per ricevere l’indennizzo da parte dell’INAIL, infatti, è necessario che l’infortunato comunichi immediatamente l’accaduto al datore di lavoro e si rechi al Pronto Soccorso, dove verranno eseguiti tutti gli accertamenti e il medico responsabile compilerà un certificato con i giorni di prognosi, che andrà trasmesso al datore di lavoro. Qualora la prognosi decisa dal medico del Pronto Soccorso superi i tre giorni, il datore di lavoro dovrà inviare telematicamente all’INAIL il modello di denuncia di infortunio sul lavoro.

    Una volta che è stata presentata la denuncia di infortunio, il lavoratore dovrà presentarsi agli ambulatori dell’INAIL qualche giorno prima della scadenza della prognosi, dove il medico deciderà se prolungare il periodo di inabilità al lavoro o attestare la completa guarigione dell’infortunato, che in questo caso riceverà un certificato che attesta la sua idoneità a riprendere le normali attività lavorative.

    Come abbiamo appena visto, in questa procedura è coinvolto anche il datore di lavoro, che deve trasmettere all’INAIL la denuncia di infortunio, ma va anche specificato che l’assicurazione obbligatoria va a proteggere anche questa figura, esonerando di fatto il datore di lavoro dalla responsabilità civile in caso di infortuni dei suoi dipendenti. Chiaramente, questo vale soltanto quando il datore di lavoro non è direttamente responsabile dell’infortunio: quando un incidente sul lavoro si verifica in un’azienda dove non vengono adottate le misure necessarie a garantire la piena sicurezza dei lavoratori, allora il datore di lavoro sarò ritenuto direttamente responsabile dell’infortunio.

    Per concludere, andiamo ad analizzare le casistiche in cui è possibile ricevere un indennizzo per un infortunio sul lavoro, e quali sono invece i casi in cui ciò non è previsto.

    Il risarcimento per un infortunio sul lavoro è previsto quando l’incidente è legato ad un rischio intrinseco all’attività lavorativa che si sta svolgendo, quando c’è un rischio ambientale, o quando c’è un rischio improprio, ovvero l’incidente è avvenuto durante un’attività preparatoria o strumentale allo svolgimento della mansione principale del lavoratore.

    Al contrario, non è previsto un risarcimento nel caso in cui ci sia un rischio elettivo, ovvero l’incidente sia stato causato da una condotta impropria dello stesso lavoratore infortunato, che quindi va a svolgere un’attività che non rientra nelle sue mansioni oppure si trova in un luogo di lavoro che non è quello a cui è assegnato. Il risarcimento non è previsto neanche quando le cause dell’incidente sono esterne all’attività lavorativa, e quando il rischio è generico, ovvero l’incidente accade per ragioni indipendenti dall’attività lavorativa specifica.

  • Come si è evoluta la formazione aziendale grazie ai corsi online

    La formazione digitale è un trend che ha avuto inizio già qualche anno fa, ma è indubbio che la sua diffusione sia stata notevolmente accelerata dai diversi lockdown a cui siamo stati costretti a causa della pandemia da Covid-19, che ha portato dei grandissimi cambiamenti nel nostro stile di vita. Questi cambiamenti hanno investito anche il settore della formazione, sia per quanto riguarda scuole e università, sia per quanto riguarda la formazione aziendale, che per mantenere un costante aggiornamento delle competenze dei lavoratori ha dovuto adattarsi a nuove esigenze.

    Stiamo parlando di una formazione che si svolge totalmente in digitale, che prende il nome di e-learning, e che comprende percorsi formativi che il dipendente può seguire dove, come e quando vuole, basta avere un dispositivo e una connessione internet. In questo articolo andremo ad analizzare come si sono evoluti i corsi aziendali online, e quali sono le tendenze previste per la formazione aziendale digitale.

    Cos’è l’e-learning e quali sono i suoi vantaggi per le aziende

    Come abbiamo già accennato, l’e-learning prevede la creazione di percorsi didattici aziendali che vanno ad inserirsi in un contesto più ampio di digital transformation, che prevede l’affiancamento degli strumenti digitali a quelli “tradizionali”, con diverse sfide ma certamente anche con numerosi vantaggi. Nell’ambito della formazione, dobbiamo ricordare che questo non significa abbandonare completamente le classiche lezioni in aula tenute da un docente o da un esperto in materia, ma a queste vengono affiancate ad esempio delle lezioni pre-registrate, che chi partecipa al corso può seguire comodamente quando e dove preferisce, andando quindi a creare un percorso flessibile, interattivo e modulare.

    Un progetto didattico in e-learning permette quindi ai dipendenti di alternare ore di lavoro ad ore di formazione, strutturando l’apprendimento in moduli e tappe parziali, che vanno poi a costruire l’obiettivo finale complessivo del corso, in maniera tale che il percorso possa essere costruito in base alle specifiche esigenze sia dell’azienda sia dei singoli partecipanti. La formazione aziendale online non viene utilizzata, come può sembrare ad un primo sguardo, solo per le soft skills, ma si stanno diffondendo sempre di più anche corsi online di sicurezza sul lavoro, fondamentali per il benessere e la consapevolezza dei dipendenti rispetto ai rischi che corrono nell’ambiente di lavoro.

    L’investimento da parte delle aziende nella formazione digitale dei dipendenti porta sicuramente molti vantaggi, tra cui uno dei più importanti è quello di mantenere un aggiornamento costante dei dipendenti, venendo incontro alle loro esigenze e rendendo il percorso formativo interattivo e che dunque invoglia i partecipanti a collaborare attivamente per il raggiungimento degli obiettivi. Inoltre, la formazione online permette di monitorare costantemente il processo di apprendimento, in maniera tale da poter cambiare l’approccio se non si stanno raggiungendo i risultati prefissati.

    Un altro vantaggio della formazione aziendale online è sicuramente da ricercare nell’ambito dei costi: un percorso didattico online, infatti, permette di risparmiare sullo spostamento di docenti e dipendenti da una sede all’altra, creando allo stesso tempo un ambiente di apprendimento in cui le distanze vengono abbattute ed è possibile collaborare in modo attivo.

    Le tendenze dell’e-learning per il futuro

    Da quanto abbiamo detto nei paragrafi precedenti, si può chiaramente evincere che la formazione aziendale online non sarà un fenomeno passeggero, ma è destinata ad evolversi ulteriormente, in modo da avere un ventaglio di possibilità e modalità con cui organizzare i corsi di formazione aziendale in e-learning.

    Tra questi, possiamo ad esempio vedere come la modalità più diffusa sia quella del video-learning, ovvero dove le lezioni sono pre-registrate da docenti o esperti e vengono proposte ai lavoratori sottoforma di video, permettendo dunque di suddividere in modo preciso gli argomenti del corso ed eventualmente di eseguire dei test parziali per monitorare l’apprendimento. Un’altra modalità che sta prendendo piede è quella della gamification del processo di apprendimento, in cui simulazioni e “giochi” vanno a motivare e migliorare l’apprendimento dei partecipanti, facendo anche in modo che questi sviluppino le loro competenze di team working collaborando con gli altri per il raggiungimento degli obiettivi.

    Come abbiamo detto all’inizio di questo articolo, però, le lezioni online molto probabilmente non andranno a soppiantare del tutto le classiche lezioni in presenza, ma si svilupperanno in parallelo, in una modalità che viene chiamata blended learning. Fare un corso di formazione in blended learning significa avere a disposizione sia lezioni in aula che contenuti didattici online, da alternare ed affiancare l’uno all’altro durante il percorso formativo, in maniera tale da poter unire insieme i vantaggi sia della formazione tradizionale sia di quella digitale, compreso anche il fatto di gestire contemporaneamente un’aula in presenza e un’aula virtuale live, dando così ai partecipanti la possibilità di scegliere come seguire la lezione a seconda delle loro esigenze.

    Inoltre, il blended learning dà la possibilità di strutturare i contenuti in maniera da ampliare ed approfondire gli argomenti trattati, dando al partecipante l’autonomia di scegliere su cosa concentrarsi a seconda dei propri interessi e dei propri obiettivi professionali.

  • Gli obblighi formativi per i dirigenti

    Conoscere le norme imposte dalla legge ci permette di evitare brutte situazioni. In particolare, in questo articolo affronteremo il tema di quella figura che ha il compito di aiutare il datore di lavoro in termini di sorveglianza sulla sicurezza sul lavoro. Questa figura è il Dirigente di Sicurezza.

    Il ruolo del dirigente per la sicurezza viene affrontati nel D.Lgs 81/08 che lo descrive come la “”persona che, in ragione delle competenze professionali e di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferitogli, attua le direttive del datore di lavoro organizzando l’attività lavorativa e vigilando su di essa””.

    Il dirigente del lavoro può essere nominato dal datore di lavoro, ma questa nomina non è obbligatoria difatti il datore di lavoro può decidere a sua descrizione se nominare qualcuno o meno. Se il datore di lavoro decide di istituire questa figura deve farlo mediante una lettera di nomina del dirigente, la quale deve essere conforme all’articolo 16 del Testo Unico. Una volta presentata la lettera, questa notifica deve essere nota a tutti i lavoratori. Inoltre, il Dirigente della Sicurezza può effettuare una sub-delega a un’altra persona conferendoli così a lui una parte degli obblighi. Questa terza persona però non potrà più delegare nessuno.

    Nei casi in cui il lavoratore non voglia assumersi questa responsabilità ha la possibilità, secondo l’articolo 16 del Testo Unico di rifiutare l’incarico offerto.

    Quali sono gli obblighi di un dirigente per la sicurezza?

    Prima di affrontare gli eventuali compiti ed obblighi che possono essere dirigente della sicurezza è bene sottolineare che nominare un dirigente della sicurezza non esime il datore di lavoro da quelli che i suoi obblighi. Il datore di lavoro, seppur ci sia il dirigente del lavoro, è quello di controllare se il dirigente della sicurezza svolge gli obblighi a lui dati.  Inoltre, il datore di lavoro può delegare vari obblighi al dirigente della sicurezza, tranne due responsabilità: la nomina del RSPP (Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione), e le valutazione dei rischi e il DVR (Documento di Valutazione dei Rischi)

    I compiti e gli obblighi che possono essere assegnati a un dirigente sulla sicurezza:

    • Nominare il medico del lavoro
    • Nominare addetti antincendio e primo soccorso
    • Fornire i dispositivi di protezione (DPI)
    • Autorizzare i lavoratori a svolgere mansioni rischiose solo in seguito a un corso di formazione
    • Predisporre un registro di norme, misure di sicurezza ed igiene
    • Inviare i lavoratori alla visita medica
    • Adottare misure di controllo dei rischi e delle emergenze
    • Formare i lavoratori in materia di sicurezza
    • Convocare riunioni periodiche
    • Aggiornare le misure di sicurezza

    Il dirigente della sicurezza ha il compito di adempiere agli obblighi a lui imposti, e sugli obblighi a lui imposti ha potere decisionale e di spesa, ma attenzione: questo potere decisionale e di spesa si riferisce solo alle funzioni a lui delegate. Questo potere decisionale non va confuso con l’indipendenza decisionale, la quale spessa al Datore di lavoro.

    Inoltre, è bene sottolineare che la valutazione dei rischi non viene fatta direttamente dal dirigente del lavoro, ma egli può essere seguito da professionisti del settore che provvedano a fare ciò, un esempio sono gli incaricati di Net srl che svolgono valutazioni rischio a Torino e provincia.

    Come si diventa dirigenti della sicurezza?

    Si diventa dirigenti di sicurezza in seguito alla nomina, e questa nomina non viene fatta a caso ma perchè il datore di lavoro riconosce in lui  una serie di competenze e capacità che permettono a questo lavoratore di portare a termine gli obblighi a lui incaricati. Secondo il Testo Unico afferma che queste capacità devono essere certificate mediante attestati. Inoltre, la legge stabilisce che il dirigente della sicurezza deve necessariamente svolgere un corso di formazione iniziale di circa 16 ore e in seguito partecipare a periodici corsi di aggiornamento, questi ultimi hanno una durata di circa 6 ore.

    Durante i corsi di formazione i futuri dirigenti di sicurezza devono seguito un corso di formazione, questo deve riguardare 4 moduli:

    • Giuridico-Normativo
    • Gestione ed organizzazione della sicurezza
    • Individuazione e valutazione dei rischi
    • Comunicazione, formazione e consultazione dei lavoratori

    In seguito ai moduli frequentati, e previa frequentazione di almeno 90 ore di formazione, il lavoratore sosterrà il testo, e al superamento di questo riceverà l’attestato che permetterà a lui di svolgere la mansione di Dirigente di sicurezza. Al fine di svolgere la mansione sempre nel modo corretto sono indispensabili i corsi di aggiornamento periodici.

    Poichè certe norme sono stabilite dalla legge diviene indispensabile rivolgersi a centri autorizzati, un esempio è Net srl che offre corsi di Sicurezza sul lavoro a Torino. Net srl offre corsi di diversi tipi, come RSPP, POS, PSG, Proposto a Torino e tanti altri ancora. Per maggiori informazione non esitare a contattarci, i nostri formatori ti forniranno tutte le conoscenze e competenze che necessiti per poter svolgere al meglio la tua mansione.